
L’orrore si è materializzato in un luogo di pace, dove il riposo eterno dovrebbe essere sacro. Una figlia, recatasi in un cimitero per l’esumazione della salma del padre a trent’anni dalla morte, ha vissuto un incubo senza precedenti mentre chiedeva di verificare la collocazione dei resti della madre, riesumati ventuno anni prima. Invece della dignitosa cassetta di zinco in cui aveva personalmente visto deporre le ossa della defunta, ha trovato un sacchetto di plastica nero, un comune sacco per l’immondizia, contenente i resti.
L’identificazione è stata un atto di dolore e macabra fortuna: solo una protesi dentale rimasta attaccata al teschio ha potuto darle la terribile certezza che si trattasse davvero della madre. Una scoperta che non è solo una violazione della quiete eterna, ma un oltraggio alla memoria e al profondo legame tra una madre e sua figlia.
Un orrore sepolto nel cimitero di Montignoso: i resti della madre ritrovati in un sacco dell’immondizia
Una vicenda di un’atrocità e un’indecenza inaudite è emersa dal cimitero di Montignoso (Massa), portando alla luce un presunto scandalo ventennale che getta un’ombra oscura sulla gestione dei servizi cimiteriali e sulla dignità riservata ai defunti. La protagonista di questa storia straziante è la signora Gabriella Vatteroni, cittadina massese, la quale, durante una delicata operazione di esumazione, si è trovata di fronte a una scoperta agghiacciante: i resti ossei di sua madre, Franca Baldi, defunta nel 1987 e riesumata ventuno anni fa, non erano conservati nella prevista e sacrosanta cassetta di zinco, ma erano stati abbandonati in un volgare sacco nero di plastica, di quelli comunemente utilizzati per la raccolta dei rifiuti urbani.
L’identificazione, resa quasi impossibile dalla totale mancanza di decoro, è potuta avvenire solo grazie a un dettaglio estremamente personale e doloroso: una protesi dentale rimasta attaccata al teschio della defunta. La donna, comprensibilmente sconvolta e sopraffatta dal dolore, ha deciso di portare alla luce questo presunto scempio, denunciando l’accaduto e chiedendo un’indagine approfondita per accertare le responsabilità e verificare che non si tratti di un caso isolato.
Il racconto traumatico di una figlia
L’incredibile e dolorosa scoperta è avvenuta lo scorso 16 settembre, una data che rimarrà indelebile nella memoria della signora Gabriella Vatteroni. La donna si era recata al cimitero di Montignoso per presenziare all’esumazione della salma di suo padre, Luciano Vatteroni, musicista noto a Montignoso, deceduto nel 1995. L’esumazione della salma del padre, a trent’anni dalla morte, era già di per sé un momento di profonda emotività, ma la signora Vatteroni si era preparata ad affrontarlo con la dovuta compostezza.
Una volta completate le operazioni relative al padre, la signora Vatteroni ha avanzato la richiesta, del tutto legittima e naturale, di far deporre i resti ossei del genitore in una cassetta da collocare all’interno dello stesso ossario che da ventuno anni ospitava i resti della madre. È stata proprio questa richiesta, dettata da un desiderio di vicinanza eterna per i suoi cari, a innescare la catena degli orrori.
La scoperta sconcertante nell’ossario
Accompagnata dal personale addetto ai servizi cimiteriali, la signora Gabriella Vatteroni si è diretta verso il reparto degli ossari. Giunti di fronte alla nicchia che custodiva i resti di sua madre da oltre due decenni, il personale ha provveduto alla rimozione della piccola lapide. È in quel preciso istante che si è consumato lo scandalo visivo e morale. Invece della cassetta di zinco, simbolo di rispetto e corretta conservazione, che lei stessa aveva visto deporre ventuno anni prima, i resti di Franca Baldi erano stati gettati e occultati in un sacchetto di plastica nero, di quelli ignobilmente usati per i rifiuti.
La cassettina di zinco era scomparsa. La vista del sacco nero ha generato un momento di confusione e imbarazzo anche tra il personale, con un addetto che ha addirittura chiesto se all’interno vi fossero delle ceneri, una domanda che ha acuito il senso di profonda offesa per la figlia. La reazione della signora Vatteroni è stata di un dolore esplosivo: “Mi sono sentita tutto il cimitero addosso”, ha dichiarato, esprimendo la gravità dell’impatto emotivo.
L’identificazione grazie alla protesi dentale
Una volta estratto il contenuto dal sacco nero, la triste realtà si è manifestata: si trattava di ossa umane. In un contesto così degradante e di totale mancanza di tutela, l’identificazione dei resti sarebbe risultata praticamente impossibile, lasciando la signora Vatteroni nel terribile dilemma che non si trattasse della madre. Fortunatamente, o forse miracolosamente, un piccolo ma fondamentale dettaglio ha permesso di sciogliere ogni dubbio: al teschio era rimasta attaccata una protesi dentale, un piccolo “ponte” di denti artificiali che Franca Baldi portava in vita. Solo grazie a questo inequivocabile segno personale, la figlia ha potuto avere la certezza che quei resti ossei, profanati e abbandonati, appartenessero effettivamente a sua madre. L’orrore e la pena provati dalla signora Gabriella Vatteroni sono stati infiniti, portandola a trascorrere diverse notti insonni, lacerata da un dolore supplementare e ingiustificato.
La denuncia e il trasferimento dei resti
Di fronte a un simile oltraggio, la signora Gabriella Vatteroni ha preso una decisione immediata e necessaria. Sebbene il personale del cimitero le avesse espresso cortesia in quel momento tragico, arrivando persino a rimborsarle il valore simbolico della cassetta di zinco trafugata, la donna non si è sentita di lasciare i resti dei suoi genitori in un luogo compromesso da tale negligenza o, peggio, attività illecita. Ha così disposto il trasferimento dei resti sia del padre che della madre al cimitero di Turano, nel vicino comune di Massa. Non soddisfatta, e con la ferma intenzione di arrivare in fondo a questa torbida vicenda, il 18 settembre successivo si è recata al comando dei Carabinieri di Massa per sporgere una formale denuncia per furto (riferita alla cassetta di zinco scomparsa, contenente i resti), un atto che mira a innescare le indagini necessarie per far luce sull’accaduto.
Successivamente, la signora Vatteroni si è rivolta anche agli uffici competenti dell’Asl, manifestando il timore, più che fondato, che il caso di sua madre non sia affatto un’eccezione. La sua richiesta finale è stata drastica ma comprensibile: presenterà un’istanza formale, seguendo la procedura indicata, per chiedere che il cimitero di Montignoso venga temporaneamente chiuso e sottoposto a una verifica completa e approfondita di tutti gli ossari. Non avrà pace, ha affermato, finché tutti i controlli del caso non saranno completati.
La replica del comune: un evento di vent’anni fa?
La notizia ha naturalmente raggiunto le istituzioni locali. Contattata dalla stampa, l’assessora del Comune di Montignoso con delega ai servizi cimiteriali, Gina Gabrielli, ha espresso in prima battuta la sua sincera vicinanza alla signora Vatteroni. Tuttavia, nel tentativo di circoscrivere l’episodio e dissociare l’attuale amministrazione, l’assessora ha sostenuto che questo spiacevole episodio non può essersi verificato sotto la loro gestione. A suo avviso, il fatto increscioso risalirebbe a circa vent’anni fa, in un periodo in cui la gestione dei cimiteri era differente e in cui, purtroppo, si erano verificati episodi analoghi.
L’assessora Gabrielli ha fatto un esplicito riferimento alla nota inchiesta sul cimitero di Mirteto a Massa, sfociata in un processo con condanne per cremazioni collettive, suggerendo un contesto storico di malcostume nella gestione cimiteriale della zona. Ha altresì specificato che la gestione del cimitero di Montignoso è attualmente affidata a una società esterna selezionata tramite regolare gara. Nonostante la presunta datazione, l’assessora ha assicurato l’impegno totale dell’amministrazione a collaborare e fare “tutto quello che è in nostro potere per andare a fondo della questione”, riconoscendo che l’accaduto è un fatto che “tocca chiunque nel profondo” e ribadendo la massima serietà nell’affrontare un tema così delicato come il rispetto per i defunti. Resta ora da vedere se l’azione della signora Vatteroni condurrà a una verifica straordinaria che possa finalmente stabilire la verità e, soprattutto, la portata reale di tale scandalosa negligenza.