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“Ma quale pace a Gaza?”. Francesca Albanese alla Perugia-Assisi: scoppia la polemica

Pubblicato: 12/10/2025 14:24
Francesca Albanese Perugia Assisi

Una marcia nata per promuovere la pace si è trasformata, ancora una volta, in terreno di scontro politico e ideologico. Durante la storica Perugia-Assisi, che da oltre sessant’anni si propone come simbolo di nonviolenza e dialogo tra i popoli, a far discutere è stata la partecipazione di Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati. La sua presenza e le dichiarazioni rilasciate nel corso dell’evento hanno innescato una lunga scia di polemiche, soprattutto sui social network, dove la retorica si è fatta rapidamente incendiaria.
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La dichiarazione che ha acceso il dibattito

Dove sono i palestinesi in questo accordo di pace?” ha chiesto pubblicamente Francesca Albanese, ponendo una domanda che ha messo in evidenza l’esclusione sistemica, secondo lei, del popolo palestinese nei processi diplomatici più recenti. L’intervento si è inserito in un contesto carico di tensioni internazionali, mentre la crisi umanitaria a Gaza continua a occupare le prime pagine dei media di tutto il mondo.

Albanese, nota per le sue posizioni critiche nei confronti di Israele e da tempo sotto osservazione da parte di alcune cancellerie occidentali, ha parlato davanti a centinaia di manifestanti, richiamando l’attenzione sulla sofferenza del popolo palestinese e sulla necessità di includere ogni voce nel percorso verso una pace duratura. “Non si può parlare di pace senza giustizia, e non può esserci giustizia se una delle due parti viene sistematicamente esclusa”, ha affermato con fermezza.

L’ondata di critiche sui social: “Una marcia politicizzata”

Non si è fatta attendere la reazione del web. In particolare, su X (ex Twitter) e Facebook, sono comparsi centinaia di post che criticano la partecipazione della relatrice ONU alla marcia. Tra i commenti più diffusi, spicca quello che recita: “Dopo aver messo la caparra sulla Festa di San Francesco, i comunisti hanno fagocitato la marcia Perugia Assisi: era presente Francesca Albanese”.

Un’accusa pesante, che trasforma un evento simbolicamente legato ai valori di fratellanza e dialogo in un presunto strumento politico usato da una parte ideologica. Le critiche si concentrano non solo sul contenuto del messaggio della relatrice ONU, ma anche sulla sua sola presenza, vista da alcuni come una “provocazione politicizzata” in un contesto che dovrebbe essere neutro e inclusivo.

Le difese e il ruolo delle istituzioni

In difesa di Francesca Albanese, si sono schierati diversi attivisti e rappresentanti di associazioni per i diritti umani, che hanno sottolineato la coerenza del suo intervento con il tema centrale della marcia: la pace globale. “Chi parla di pace deve includere tutte le vittime, non solo quelle politicamente più accettabili”, ha scritto un noto attivista sui social.

Anche alcune voci istituzionali hanno ricordato che il ruolo di relatrice speciale dell’ONU implica proprio la denuncia di eventuali violazioni dei diritti umani, anche se scomode o impopolari. In questo senso, l’intervento di Albanese sarebbe perfettamente in linea con il suo mandato, e non espressione di una militanza politica, come sostenuto da chi l’ha attaccata.

Una marcia sempre più nel mirino del dibattito nazionale

Negli ultimi anni, la marcia Perugia-Assisi è tornata ad essere osservata con crescente attenzione, non solo per il suo valore simbolico ma anche per i suoi contenuti e partecipanti. L’accusa ricorrente è che la manifestazione sia diventata troppo “sbilanciata” verso alcune posizioni ideologiche, perdendo il carattere di universalità che l’aveva contraddistinta fin dalla sua nascita, grazie al lavoro di Aldo Capitini.

In realtà, la marcia continua ad attirare centinaia di realtà associative, religiose e civili di estrazioni molto diverse tra loro. Tuttavia, la presenza di figure divisive come Francesca Albanese riaccende ogni volta il dibattito sull’equilibrio tra testimonianza politica e difesa dei diritti umani.

Francesca Albanese e il futuro del discorso sulla pace

L’episodio solleva una questione fondamentale nel dibattito pubblico italiano e internazionale: può la difesa della causa palestinese trovare spazio in eventi ufficiali senza essere immediatamente bollata come propaganda? E, ancora, fino a che punto è legittimo criticare chi denuncia crimini internazionali, se lo fa in nome di un’istituzione come l’ONU?

Francesca Albanese ha più volte dichiarato che il suo lavoro si basa su dati, documenti e testimonianze raccolte sul campo, e che la sua missione è dare voce a chi non l’ha mai avuta. Ma ogni sua parola sembra pesare sempre più, sia nella diplomazia che nel giudizio sommario del pubblico digitale.

In attesa che si abbassino i toni e si ritorni a un dibattito equilibrato, resta il dato di fatto: la marcia per la pace è ormai anche un termometro delle spaccature ideologiche del nostro tempo. E la domanda di Albanese – “Dove sono i palestinesi in questo accordo di pace?” – continua a risuonare come una sfida ancora aperta.

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