
Le elezioni regionali in Toscana si sono concluse con la riconferma di Eugenio Giani alla guida della Regione, ma a catalizzare l’attenzione politica e mediatica è stato un risultato inaspettato: quello di Antonella Bundu, candidata presidente per la lista Toscana Rossa. Un risultato che, pur non garantendo rappresentanza istituzionale in Consiglio regionale, ha assunto una forte valenza simbolica per la sinistra radicale.
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Mentre il campo largo esulta per la vittoria ufficiale, e il centrodestra incassa una sconfitta senza sorprese, a sinistra si apre un confronto che mette in discussione alleanze, strategie e identità. La corsa di Bundu ha infatti scompaginato i piani, riportando al centro della scena una proposta politica autonoma e alternativa, che sfida tanto il Partito Democratico quanto il Movimento 5 Stelle, entrambi coinvolti nella coalizione che ha sostenuto Giani.
I risultati: Giani vince, ma la Bundu sorprende
A scrutinio praticamente concluso — mancando solo una sezione su 3.922 — il presidente uscente Eugenio Giani ha ottenuto 752.241 voti, pari al 53,92%, conquistando un secondo mandato con un margine solido. Lo sfidante del centrodestra, Alessandro Tomasi, si è fermato a 570.612 voti (40,90%), confermando il radicamento del centrosinistra nella regione, pur senza trionfi eclatanti.

La vera novità, però, arriva dai 72.306 voti raccolti da Antonella Bundu, pari al 5,18%, un risultato personale superiore a quello della lista che la sosteneva, Toscana Rossa, ferma al 4,5%. Un distacco non irrilevante, che ha determinato la mancata elezione di rappresentanti in Consiglio regionale, essendo la soglia di sbarramento fissata al 5%.
Tuttavia, il fatto che Bundu abbia superato individualmente la soglia, mentre la lista non l’ha raggiunta, ha innescato una questione giuridica e una protesta politica che potrebbe approdare in tribunale.
Toscana Rossa valuta il ricorso: “Chiara intenzione di voto”
Secondo quanto riportato da alcune fonti — tra cui il Corriere della Sera — lo stato maggiore di Toscana Rossa, riunito alla Casa del Popolo di San Niccolò a Firenze, ha annunciato l’intenzione di presentare un ricorso legale. Il motivo? Molti elettori avrebbero barrato solo il nome della candidata presidente, senza segnare il simbolo della lista.
L’obiettivo è fare leva su precedenti giurisprudenziali, come quello del Movimento 5 Stelle in Veneto nel 2020, per dimostrare che l’intenzione di voto era chiara e che la mancata elezione sarebbe una distorsione della rappresentanza. Il ricorso, se accolto, potrebbe rimettere in discussione l’assegnazione dei seggi, e dare nuova forza a un progetto politico che ha già dimostrato vitalità elettorale.
Bundu, ex consigliera comunale ed ex candidata sindaca a Firenze, ha dichiarato di essere “molto contenta” del risultato ottenuto, sottolineando come si partisse da un consenso stimato intorno allo 0,5% e che la campagna è stata condotta “senza la certezza di riuscire ad entrare” in Consiglio.
Un exploit che fa riflettere la sinistra
Il risultato di Antonella Bundu riporta al centro del dibattito la crisi di rappresentanza della sinistra radicale, ma anche la sua persistente capacità di mobilitazione in territori simbolicamente forti come la Toscana. La candidata è riuscita a superare nei consensi sia la Lega che il Movimento 5 Stelle, due forze alleate rispettivamente di Giani e Tomasi.

Ma proprio il ruolo dei 5 Stelle, che inizialmente avevano fatto opposizione a Giani per poi rientrare nel campo largo, è finito sotto osservazione. Diversi analisti ritengono che una parte del loro elettorato abbia scelto un voto di protesta, orientandosi su Bundu e premiando la coerenza di una proposta rimasta fuori dai compromessi di coalizione.
In questo scenario, Toscana Rossa — che unisce Rifondazione Comunista, Potere al Popolo e Possibile — si propone come spazio politico autonomo, capace di parlare a una fetta di elettorato disilluso tanto dal centrosinistra quanto dai populismi. Ma il nodo della soglia di sbarramento resta un ostacolo strutturale che potrebbe compromettere la crescita futura, a meno di un cambio di regole o di alleanze.
Astensionismo record e fiducia in calo
Un altro elemento centrale di questa tornata elettorale è stato l’astensionismo, che ha raggiunto livelli preoccupanti. Anche la stessa Bundu lo ha sottolineato, affermando che “con questo astensionismo la politica ha comunque poco da festeggiare”.
Il dato è in linea con la tendenza nazionale, che vede sempre più elettori disinteressati o sfiduciati, soprattutto tra i giovani e nelle periferie urbane. Un calo di partecipazione che colpisce soprattutto le forze di opposizione, ma che pone interrogativi strutturali anche per le forze di governo locali.
Rispetto al 2020, l’alternativa di sinistra ha comunque raddoppiato il proprio consenso: allora, con Tommaso Fattori candidato presidente, ci si era fermati al 2,23%. Il confronto con quel risultato rende evidente una crescita, ma anche la persistente difficoltà di trasformare questa energia in rappresentanza politica concreta.
La sfida futura: un nuovo equilibrio a sinistra?
Il risultato delle regionali in Toscana lascia aperti molti interrogativi. Il campo largo ha vinto, ma con meno entusiasmo del previsto. Il centrodestra ha perso, senza però crollare. E a sinistra si è affacciata con forza una proposta che chiede spazio, ascolto e legittimazione.
La Bundu ha risposto a chi le chiedeva se fosse disposta a dialogare con il centrosinistra con una frase emblematica: “Noi dialoghiamo sempre con tutti”. Un’apertura che però non cancella le distanze ideologiche né risolve le incompatibilità programmatiche. La partita si sposta ora nei tribunali, ma soprattutto nel campo della politica, dove si deciderà se questa “quasi vittoria” diventerà il primo passo verso un nuovo protagonismo della sinistra alternativa, o se resterà un episodio isolato nel panorama frammentato dell’opposizione.