
Nelle profondità degli immensi territori russi, tra le steppe dell’Asia e le città dell’Europa orientale, milioni di uomini conducono vite comuni, scandite dal lavoro, dalla famiglia, dal tempo che passa. Molti di loro, anni fa, hanno indossato una divisa, addestrandosi a difendere la patria. Poi, come spesso accade, l’uniforme è stata riposta in un armadio, sostituita da giacche, camicie, abitudini civili. Eppure, oggi, quel passato potrebbe bussare di nuovo alla porta.
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Il telefono potrebbe squillare, una notifica potrebbe arrivare, una lettera potrebbe essere recapitata: lo Stato li chiama, e non per esercitazioni. Per molti di questi uomini, il richiamo non sarà una scelta, ma un dovere. È così che si disegna una nuova pagina nella strategia militare della Russia, un nuovo fronte che non passa dalle trincee, ma dai palazzi del potere, dove Vladimir Putin e il suo governo preparano una mossa decisiva per il conflitto in corso.
Due milioni di riservisti verso il fronte
La Russia si prepara a richiamare fino a due milioni di riservisti per rafforzare le proprie forze armate impegnate in Ucraina. Un numero imponente, reso possibile da una modifica legislativa che permetterebbe l’impiego dei riservisti anche in tempo di pace. Una manovra che eviterebbe a Putin di lanciare una nuova, impopolare, mobilitazione generale.
Mosca definisce ancora la guerra in Ucraina una “operazione militare speciale”, e proprio questa definizione consente l’utilizzo di un cavillo legale. Gli emendamenti proposti dal governo, e già sostenuti da una commissione parlamentare, consentirebbero di aggirare le restrizioni attuali e richiamare i riservisti senza dover dichiarare la guerra formalmente.

L’obiettivo: rinforzare l’esercito senza allarme sociale
Secondo quanto emerso, la misura servirebbe ad aumentare la capacità operativa dell’esercito russo, che oggi conta circa 700.000 soldati attivi sul territorio ucraino. Le nuove regole, se approvate, permetterebbero di impiegare riservisti in prima linea, in particolare nei fronti di Sumy e Kharkiv, regioni nordorientali dove Mosca sta concentrando una nuova offensiva.
In questo modo, il Cremlino punta a potenziare l’apparato bellico senza dover avviare una nuova mobilitazione come quella del settembre 2022, che provocò la fuga di decine di migliaia di cittadini russi all’estero. Il presidente russo, consapevole della tensione sociale, sembra voler evitare una reazione analoga, optando invece per una mobilitazione mascherata sotto forma di richiamo tecnico.
Le parole dei politici russi
Alexei Zhuravlev, vicepresidente della commissione difesa della Duma, ha spiegato al canale RTVI che il richiamo dei riservisti rappresenta una “misura logica e necessaria” alla luce dell’attuale situazione sul campo. “Sono professionisti formati che finora non potevano essere impiegati se non in caso di legge marziale. Ma stiamo affrontando un conflitto reale, anche se non formalmente dichiarato”, ha dichiarato.
Un altro emendamento in discussione consentirebbe l’impiego dei riservisti fuori dai confini nazionali, risolvendo così il limite attuale che vieta ai coscritti di operare all’estero. Secondo Andrei Kartapolov, presidente della stessa commissione parlamentare, l’obiettivo è chiaro: garantire un flusso continuo di truppe pronte a sostenere l’offensiva nei settori più strategici del fronte.

Una guerra senza nome, ma con un costo
Le modifiche in discussione prevedono che i riservisti non possano essere impiegati per più di due mesi consecutivi, un modo per gestire il carico di lavoro e garantire una rotazione minima. Ma il precedente della regione russa di Kursk, dove migliaia di riservisti persero la vita, resta un’ombra lunga su questa operazione.
In quell’occasione, i riservisti combatterono fianco a fianco con truppe nordcoreane, secondo quanto riferito da fonti locali, e furono coinvolti in combattimenti durissimi che hanno lasciato il segno. Oggi, la Russia sembra pronta a ripetere l’esperienza, in modo più strutturato e meno visibile, ma con le stesse, gravi implicazioni.
Una mossa politica oltre che militare
Il tentativo del Cremlino è chiaro: ampliare le possibilità di intervento senza incorrere nel dissenso popolare che una dichiarazione ufficiale di guerra potrebbe provocare. Si tratta quindi di un bilanciamento tra necessità militari e prudenza politica, in un momento in cui il conflitto in Ucraina mostra segni di prolungamento indefinito.
Il Ministero della Difesa ha già ricevuto il sostegno di una commissione governativa, e le bozze dei provvedimenti sono pronte per essere approvate dalla Duma. Se non vi saranno ostacoli, la Russia potrebbe disporre, nel giro di poche settimane, di un bacino di due milioni di militari addestrati, pronti a rientrare in servizio.