
Dietro le linee del fronte russo emergono nuove storie che sembrano uscite da un film di spionaggio. Secondo quanto rivelato da The Kyiv Independent, alcune fonti dell’intelligence ucraina avrebbero identificato chi è andato a combattere per Putin nella guerra contro l’Ucraina. Non si tratta di mercenari professionisti, ma di uomini comuni, attratti con la promessa di un lavoro in Russia. Il numero stimato varia tra i mille e i cinquemila combattenti, ma ciò che colpisce di più sono le modalità con cui sarebbero stati reclutati.
Molti di loro sarebbero stati ingannati con offerte di impiego nel settore edilizio, diffuse tramite social network e intermediari locali. Una volta arrivati in Russia, la realtà si sarebbe rivelata drammatica: “Dopo aver firmato una sorta di contratto non tradotto nella loro lingua, si troverebbero reclutati e avviati a un brevissimo periodo di addestramento, appena 15 giorni”, racconta il quotidiano ucraino. Un tempo troppo ridotto per pensare a una vera preparazione militare, segno dell’urgenza del Cremlino di rimpinguare le proprie truppe logorate dal conflitto.
Un traffico di uomini tra inganno e guerra
Secondo le indagini, si tratterebbe di mille cittadini cubani. Un dato che solleva interrogativi inquietanti: davvero il governo dell’Avana, noto per il suo controllo capillare sulla popolazione, non era a conoscenza di questo traffico? L’ipotesi appare difficile da credere e apre alla possibilità di una tacita collaborazione con Mosca. Una rete di interessi che unisce regimi autoritari in un fragile ma efficace equilibrio geopolitico.

Negli ultimi mesi il sostegno internazionale a Putin si è manifestato su più fronti. L’Iran, per esempio, avrebbe fornito droni kamikaze Shahed utilizzati contro infrastrutture ucraine, mentre la Corea del Nord avrebbe inviato fino a 30mila uomini nella regione di Kursk. Tuttavia, a causa della mancanza di coordinamento con le truppe russe, molti di loro sarebbero stati ritirati dopo aver subito gravi perdite sul campo.
Una rete di alleanze e dipendenze
L’intelligence di Kiev conferma che i cubani oggi rappresentano la quinta forza più numerosa di combattenti non professionisti al servizio della Russia, dopo Uzbekistan, Tagikistan, Kazakistan e Bielorussia. Tutti Paesi che, direttamente o indirettamente, mantengono forti legami economici e politici con Mosca. La loro presenza sul fronte ucraino mostra come il conflitto sia diventato un banco di prova per le alleanze dell’universo autoritario contemporaneo.

Dal punto di vista militare, il contributo dei cubani sarebbe modesto, data la scarsa esperienza e il limitato addestramento. Tuttavia, il loro impiego assume un forte valore simbolico e politico: dimostra che, nonostante le sanzioni e l’isolamento internazionale, Putin continua a godere di un sostegno silenzioso ma concreto. Una rete di complicità che tiene in vita la macchina bellica russa e prolunga una guerra che, ancora oggi, sembra lontana dal concludersi.
