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Gaza, il valico di Rafah resta chiuso. In azione anche i carabinieri italiani

Pubblicato: 16/10/2025 10:24

Cresce la tensione e l’attesa per la riapertura del valico di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, da settimane al centro della diplomazia internazionale. Nonostante i preparativi tecnici siano completati da parte egiziana, Israele ha chiarito che la data ufficiale per l’apertura sarà annunciata in un secondo momento, lasciando il confine ancora chiuso per questioni logistiche e di sicurezza. Intanto, la crisi umanitaria nella Striscia peggiora e migliaia di sfollati continuano a vivere in condizioni drammatiche.

Secondo fonti saudite e israeliane, il valico non riaprirà prima della metà della prossima settimana. Lo stallo attuale è legato anche a uno scontro tra Hamas e Israele sul mancato rilascio completo dei corpi degli ostaggi da parte del gruppo palestinese. Israele, in segno di ritorsione, avrebbe bloccato l’apertura già concordata. L’agenzia israeliana COGAT ha precisato che gli aiuti umanitari continueranno ad arrivare da altri valichi, come Kerem Shalom, escludendo per ora Rafah come via di accesso per beni e rifornimenti.

Nel frattempo, anche l’Italia è coinvolta direttamente nelle operazioni in zona. Altri otto carabinieri italiani si sono uniti alla missione EUBAM al valico di Rafah, andando ad affiancare la dozzina già attiva tra Gerusalemme, Tel Aviv e Gerico. L’obiettivo della missione europea è duplice: monitorare la possibile riapertura del valico e formare agenti palestinesi affinché possano assumere in futuro il controllo della frontiera. Una ventina di agenti da diversi Paesi europei collaborano in questo contesto.

Il governo italiano ha anche annunciato un impegno concreto per inviare nei prossimi tre mesi moduli abitativi in grado di accogliere fino a 100mila persone nella Striscia di Gaza, attraverso un piano coordinato dalla Protezione civile. Un segnale tangibile dell’interesse strategico e umanitario di Roma nella regione, anche in vista del futuro processo di ricostruzione post-conflitto.

Sul fronte diplomatico, la Spagna ha stanziato 2 milioni di euro a favore dell’Autorità Nazionale Palestinese, aderendo alla “Coalizione Urgente per la Palestina”, un’iniziativa internazionale lanciata insieme ad Arabia Saudita, Norvegia e Francia. Obiettivo: evitare il collasso finanziario dell’Anp, attualmente a rischio bancarotta a causa della trattenuta delle sue entrate fiscali da parte di Israele. Madrid ha ribadito il proprio “fermo impegno politico e finanziario” per una soluzione che rafforzi l’Anp come interlocutore centrale per la pace.

In queste ore, tuttavia, si è aperta anche una querelle tra Israele e Hamas sull’identità del quarto corpo restituito attraverso la Croce Rossa. Mentre Israele sostiene si tratti di un palestinese non identificato, Hamas afferma che il corpo appartiene a un soldato israeliano catturato e ucciso nel maggio 2024 nel campo profughi di Jabaliya. Le famiglie di tre ostaggi, intanto, sono state informate ufficialmente della restituzione dei corpi dei propri cari.

L’Egitto ribadisce che il valico di Rafah è pronto a operare dal lato egiziano. Il capo del Servizio d’Informazione di Stato egiziano ha accusato Israele di ritardare l’attuazione degli accordi, mentre il governatore del Sinai ha confermato che Rafah sarà aperto solo per l’ingresso di feriti e casi critici, non per il transito di merci. L’Autorità Nazionale Palestinese, insieme a una forza europea, è designata per gestire il valico dal lato di Gaza.

Intanto, nuovi episodi di violenza interna agitano la già complessa situazione nella Striscia. Secondo fonti palestinesi, Hamas avrebbe ucciso la moglie e i due figli di un ex agente dell’intelligence dell’Autorità Nazionale Palestinese, sospettato di avere legami con gruppi armati filo-Anp. Il razzo che ha colpito la casa dell’uomo è esploso nel quartiere di Shejaiya, uccidendo i familiari e riaccendendo il timore di una resa dei conti interna.

Mentre gli sforzi diplomatici continuano, l’Egitto starebbe preparando un governo tecnico ad interim per Gaza, composto da 15 esperti già selezionati, in attesa del via libera israeliano. Il piano prevede anche una forza internazionale di interposizione e una di stabilizzazione, per garantire un fragile equilibrio durante le fasi di transizione.

A Nasr City, quartiere del Cairo dove si sono rifugiati migliaia di gazawi, la tensione è palpabile. «Vorremmo tornare a casa, ma non c’è più una casa dove farlo», raccontano alcuni rifugiati. Molti vivono da mesi senza documenti validi, né possibilità di lavorare o studiare. La paura è che la pace promessa non sia abbastanza per farli tornare.

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