
ROMA – Mentre il conflitto in Medio Oriente cerca faticosamente un punto di svolta, torna a parlare Marco Minniti, ex ministro dell’Interno e oggi presidente della Fondazione Med-Or, think tank strategico che rappresenta il sistema Paese italiano nei rapporti con il Medio Oriente e il Mediterraneo allargato. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Minniti ha affrontato i temi più caldi dell’attualità geopolitica, dalla tregua tra Israele e Hamas al possibile ruolo dell’Italia nella ricostruzione di Gaza, anche in relazione al Piano Mattei.
Smentisce innanzitutto di essere stato designato come rappresentante italiano nel board di transizione per Gaza, affermando: “Non mi risulta. Non so assolutamente niente. I nomi non sono importanti, lo è il ruolo dell’Italia”. E proprio sul posizionamento strategico del nostro Paese, Minniti insiste: l’Italia può diventare apripista per l’Europa, oggi in evidente ritardo rispetto a Stati Uniti e potenze arabe.

Commentando l’accordo in 20 punti per la tregua tra Israele e Hamas, Minniti parla di “un’opportunità storica”, che ha portato tre risultati chiave: il cessate il fuoco dopo 70mila morti a Gaza, il rilascio di ostaggi e la ripresa degli aiuti umanitari, in un contesto in cui “la fame era stata usata come arma di guerra”. Tuttavia, avverte: “La seconda fase è delicata, può esserci una rottura in ogni momento. Bisogna accelerare”.
Un passaggio cruciale dell’intervista riguarda la controversa visita di Donald Trump in Israele. Per Minniti, lo “show” dell’ex presidente americano ha avuto un peso decisivo: “Trump aveva bisogno di uscire dallo scacco di Anchorage e ha rimesso in campo il suo potere, grazie al legame personale con Netanyahu e al ruolo degli Usa come principali fornitori di armi a Israele”. Ma, precisa, “non lo fa per vanità: è stato chiamato dai Paesi arabi, ora ha una responsabilità enorme”.
Sul fronte italiano, Minniti difende la linea di Giorgia Meloni, che ha scelto una posizione di cautela: “Non era scontata la relazione costruita con Trump, considerando il precedente legame con Biden. La scelta di non isolare gli Usa sul tema del riconoscimento della Palestina, pur mantenendo la linea ‘due popoli, due Stati’, è stata apprezzata”. E sottolinea l’importanza dell’incontro a Roma il 7 novembre tra Meloni, Mattarella e Abu Mazen.

Per l’ex ministro, l’Italia può e deve giocare un ruolo chiave nella stabilizzazione di Gaza, a condizione di avere “un mandato Onu e una forza di pace con il supporto dei Paesi arabi”. Solo così sarà possibile procedere al disarmo di Hamas e al ritiro dell’esercito israeliano, passaggi essenziali per una pace duratura e la nascita di uno Stato palestinese che riconosca Israele.
Minniti vede anche un legame strategico tra il Piano Mattei e Gaza: “Serve un progetto italiano inserito in una grande cornice europea. I Paesi arabi devono essere coinvolti, e l’Italia può sfruttare la sua reputazione di Paese affidabile e non coloniale”. Un’opportunità anche per aziende italiane come Leonardo, Enel, Eni, Cdp e Fincantieri, già attive nella regione con la Med-Or.
“Ricostruire Gaza è una sfida decennale”, avverte Minniti, ma anche un’occasione storica per contribuire alla stabilità regionale e per evitare nuovi esodi. “Dobbiamo creare le condizioni perché i palestinesi restino a Gaza, puntando su autosufficienza alimentare, sviluppo e infrastrutture. Il Piano Riviera è stato giustamente accantonato. Ora serve una visione concreta”.
L’obiettivo finale? Una pace stabile basata su sicurezza reciproca. “La prospettiva deve essere la costruzione di uno Stato palestinese riconosciuto da Israele”, conclude Minniti. Un progetto ambizioso, che richiede leadership politica, legittimità internazionale e visione di lungo periodo – e su cui l’Italia, oggi più che mai, può fare la differenza.