
“Nessuna tassa sugli extraprofitti bancari: non la voteremo né in Consiglio dei ministri né in Parlamento”. È la linea durissima con cui Forza Italia ha spiazzato gli alleati alla vigilia dell’approvazione della manovra. Il partito di Antonio Tajani si oppone a qualsiasi forma di prelievo forzoso sui bilanci degli istituti di credito, aprendo di fatto una crepa nel centrodestra proprio nel momento in cui Palazzo Chigi contava di presentare un testo compatto ai mercati e a Bruxelles.
Secondo gli azzurri, tassare i profitti straordinari delle banche sarebbe “una misura punitiva e controproducente” che rischierebbe di “spaventare gli investitori” e “danneggiare l’economia italiana”. Forza Italia propone invece di arrivare a un accordo negoziato con il sistema bancario per finanziare la sanità pubblica, il taglio dell’Irpef e gli interventi a favore delle imprese e dei salari. In sostanza, un contributo volontario e condiviso, non imposto dall’alto.

Il nodo nella maggioranza
La posizione azzurra ha colto di sorpresa gli altri alleati di governo. La Lega spinge da giorni per un intervento più netto sui colossi del credito, mentre Fratelli d’Italia si era allineato a una soluzione intermedia, con un prelievo modulato e parzialmente deducibile. Ma la mossa di Forza Italia ha fatto saltare gli equilibri, rendendo difficile chiudere il testo della manovra senza un compromesso politico.
Per la premier Giorgia Meloni, che puntava a presentare la legge di bilancio come simbolo di unità e stabilità, la frattura arriva in un momento delicato. I mercati osservano con attenzione le mosse del governo e l’Unione europea attende segnali di coerenza sui conti. L’ipotesi di una “mini patrimoniale bancaria” era nata proprio per reperire nuove risorse da destinare ai ceti medi e alla riduzione del cuneo fiscale, ma l’opposizione interna rischia di farla naufragare.

Tajani e la strategia del dialogo
Il vicepremier Tajani ha ribadito che “Forza Italia è contraria a qualsiasi imposizione autoritaria”, ricordando che “le banche non sono un nemico, ma un motore essenziale dell’economia”. L’obiettivo, dice, è costruire “un patto di collaborazione”, non introdurre tasse “di matrice ideologica”. Parole che segnano un confine politico netto e che mettono in difficoltà la premier, costretta a rivedere la strategia in vista del Consiglio dei ministri.
Nelle prossime ore si capirà se la linea di Forza Italia prevarrà o se Meloni tenterà di ricomporre lo strappo con un compromesso tecnico. Ma è già chiaro che la manovra economica nasce sotto il segno della tensione politica e che la compattezza della maggioranza è tutt’altro che garantita.