
L’attentato avvenuto questa notte a Campo Ascolano, alle porte di Roma, contro il giornalista Sigfrido Ranucci non è un episodio da archiviare come semplice cronaca. Due ordigni hanno distrutto l’auto del conduttore di Report e quella della figlia. Solo il caso ha evitato conseguenze ancora più gravi. L’azione ha il sapore di un avvertimento diretto a chi fa informazione libera. Colpire un volto simbolo del giornalismo d’inchiesta significa mettere sotto pressione l’intero sistema democratico.
Un clima sempre più ostile verso l’informazione
Non siamo di fronte a un caso isolato. In molte democrazie occidentali sta emergendo un clima di delegittimazione del giornalismo. Negli Stati Uniti, il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump ha riacceso la retorica pericolosa dei “nemici del popolo”, un’espressione che alimenta odio e normalizza l’idea che i media siano un bersaglio legittimo.
Altrove, nei regimi autoritari e in molte aree del mondo arabo, la libertà di stampa non esiste: i cronisti vengono incarcerati, torturati, ridotti al silenzio. La repressione non è solo fisica, ma anche simbolica e sistemica.
2024: l’anno più nero per i giornalisti
I numeri fotografano una vera emergenza democratica. Nel 2024 sono stati uccisi 124 giornalisti nel mondo, un dato senza precedenti. La guerra tra Israele e Hamas ha aggravato la situazione: dal 7 ottobre 2023 ad oggi sono morti almeno 186 giornalisti, in gran parte palestinesi. Si tratta della più grave strage di reporter mai registrata.
Molti di loro, come Ismail Al-Ghoul e Rami al-Rifi di Al Jazeera, sono stati colpiti mentre documentavano le conseguenze del conflitto sulla popolazione civile. A pagare il prezzo più alto sono i freelance locali, spesso senza protezioni né copertura mediatica internazionale. In molti casi, sono stati eliminati intenzionalmente per impedirgli di testimoniare ciò che avevano visto.
Russia e oltre: la lunga lista degli eliminati
In Russia l’elenco dei giornalisti assassinati o scomparsi è drammaticamente lungo. Anna Politkovskaja, che aveva denunciato le violenze in Cecenia, fu uccisa nel 2006. Due anni prima, a Mosca, era stato eliminato anche Paul Klebnikov, direttore di Forbes Russia. C’è anche un nome italiano: Antonio Russo, inviato di Radio Radicale, ucciso vicino a Tbilisi nel 2000 mentre indagava sui crimini di guerra russi. Pochi giorni prima aveva confidato di possedere documenti esplosivi.
E poi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, assassinati a Mogadiscio nel 1994 mentre seguivano una pista su traffici di armi e rifiuti tossici. Un caso ancora avvolto nel silenzio di Stato. Nemmeno l’Europa è immune: Daphne Caruana Galizia saltò in aria con un’autobomba a Malta nel 2017, mentre nel 2018, in Slovacchia, furono uccisi Ján Kuciak e la compagna per aver indagato sulle connessioni tra politica e criminalità organizzata.
Il caso Italia: minacce in crescita
L’attacco a Ranucci dimostra che nessuna democrazia è al riparo. Nel 2024, secondo Ossigeno per l’Informazione, sono stati registrati oltre 500 episodi di minacce o intimidazioni ai danni di giornalisti in Italia, tra aggressioni fisiche e campagne d’odio online. E con l’ombra della minaccia mafiosa su molti di questi.
I dati aggiornati dell’Osservatorio Cronisti Minacciati indicano 81 episodi nei primi sei mesi del 2025, con un +75% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una crescita che indica un deterioramento evidente del clima pubblico verso la stampa indipendente.
La politica e la tentazione della stampa “amica”
Una democrazia matura garantisce pluralismo e difende la stampa scomoda, non quella compiacente. Eppure, in Italia e non solo, cresce la tentazione di premiare solo i media allineati, finanziandoli e sostenendoli, mentre chi fa inchieste viene isolato o delegittimato. È una deriva che apre la strada a forme striscianti di censura.
Senza informazione libera non esiste democrazia
La libertà di stampa non è un privilegio dei giornalisti: è un diritto dei cittadini a conoscere i fatti. Ogni attentato, ogni minaccia, ogni voce zittita riguarda l’intera società. Un’informazione libera è il primo argine contro l’abuso di potere.
Anna Politkovskaja scriveva: «I giornalisti non sfidano l’ordine costituito. Raccontano ciò che vedono. È il loro dovere». Ed è compito di una democrazia proteggere chi svolge questo ruolo di cane da guardia del potere, perché solo una società informata può dirsi davvero libera.