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Bimba di 12 anni partecipa a un’intervento chirurgico: shock in sala operatoria, com’è potuto succedere

Pubblicato: 17/10/2025 17:58

Una vicenda al limite dell’incredibile ha scosso il mondo medico austriaco. Una chirurga 48enne è finita sotto processo a Graz, insieme a un collega, per aver portato la figlia di appena 12 anni in sala operatoria, permettendole di assistere — e secondo l’accusa, partecipare attivamente — a un delicato intervento neurochirurgico su un paziente. La dottoressa ha ammesso quello che ha definito un “grave errore”, ma nega con forza che la figlia abbia realmente utilizzato strumenti chirurgici sul paziente.

I fatti risalgono allo scorso anno, quando la professionista, chiamata per un’operazione d’urgenza su un uomo con un trauma cranico, si è trovata in ospedale con la figlia. Secondo quanto ricostruito, la ragazzina si trovava in ambulatorio e ha chiesto con insistenza di poter assistere all’intervento. “Voleva assolutamente partecipare e non mi sono lanciata in lunghe discussioni, mi sono lasciata trasportare e ho detto: ‘Sì, allora vieni’”, ha spiegato la dottoressa durante il processo.

La minore è stata vestita con camice sterile e dispositivi di protezione, come previsto per chi entra in sala, e ha osservato da vicino l’intervento, che si è concluso con successo. Ma, secondo i magistrati, il vero problema si è verificato nella fase successiva: quando la dottoressa si è allontanata per una telefonata, lasciando l’incarico di inserire una sonda intracranica al collega, la ragazzina avrebbe chiesto di partecipare attivamente alla procedura. A quel punto, sarebbe stata autorizzata a maneggiare il trapano utilizzato per forare il cranio del paziente.

Secondo la procura, la dodicenne avrebbe effettuato personalmente la manovra, un gesto ad altissimo rischio. Ma la difesa dei due medici sostiene una versione diversa: la ragazzina non ha mai avuto il controllo dello strumento, ma ha solo appoggiato le mani su quelle del chirurgo, che avrebbe sempre gestito il trapano con il piede e con le proprie mani, mantenendo il pieno controllo dell’azione.

Un dettaglio chiave, però, rischia di aggravare la posizione della madre. Dopo l’operazione, la dottoressa avrebbe confidato alle infermiere che la figlia aveva “appena fatto il suo primo foro”. Una frase detta, secondo l’imputata, “per stupido orgoglio materno” e non corrispondente al vero, ma sufficiente per far scattare l’allarme. Il commento è stato riferito al primario del reparto, che ha poi licenziato la donna e segnalato il caso alla magistratura.

In aula, la dottoressa ha ammesso la gravità del gesto: “Quando l’ho vista vicino al tavolo operatorio, sarei dovuta intervenire immediatamente“. Tuttavia, ha respinto ogni accusa di lesioni o condotte pericolose, sostenendo che la salute del paziente non è mai stata compromessa. Il collega imputato ha confermato di non aver ritenuto anomala la presenza della minore, poiché convinto che fosse stata autorizzata dalla madre.

“Ho sempre avuto il controllo del pedale e del trapano”, ha spiegato il medico, “può darsi che lei abbia esercitato un po’ di pressione, ma tutto era sotto il mio controllo”. Nessuna complicazione post-operatoria è stata registrata nel paziente, ma ciò non basta a escludere responsabilità penali o deontologiche.

Il caso ha sollevato forte indignazione nell’opinione pubblica austriaca e tra i professionisti della sanità, riaprendo il dibattito su eticità, sicurezza e controllo nelle sale operatorie. Il processo è ancora in corso e nei prossimi giorni si attende la sentenza.

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