
L’Italia si prepara a ripensare profondamente le proprie capacità militari. Nei corridoi del ministero della Difesa è stato messo a punto un piano decennale che punta a rinnovare le unità del Genio militare e a riportare l’esercito italiano in grado di affrontare scenari di guerra convenzionale. L’operazione, contenuta in un decreto approdato in Parlamento, nasce dalla convinzione che gli assetti attuali, plasmati da vent’anni di missioni di crisi e di risposta umanitaria, non bastino per fronteggiare lo spettro di un conflitto su larga scala.
Leggi anche: “Milioni di soldati”. La mossa definitiva di Putin, trema tutta l’Europa
Il programma, che dovrebbe partire entro la fine dell’anno e proseguire fino al 2034, ha un costo complessivo indicato di un miliardo e mezzo di euro. Obiettivo: restituire al Genio quelle competenze e quegli strumenti che, nel corso degli anni, si sono logorati per via degli impieghi prevalentemente “non convenzionali”. Nel documento si legge che l’esperienza maturata in operazioni umanitarie e di peacekeeping ha finito per degradare la capacità di svolgere compiti tipici del combattimento su vasta scala, dalla mobilità alla fortificazione, fino al supporto logistico in condizioni belliche.

Dettagli del programma decennale
Il piano prevede un vasto acquisto di materiali e mezzi specifici per il warfare moderno ma orientato al confronto convenzionale. Tra gli strumenti elencati figurano mine anti-carro e cariche di demolizione per ostacolare la mobilità nemica, nonché piattaforme dedicate allo sminamento del terreno per aprire corridoi sicuri alle truppe. Grande spazio viene dato anche ai droni, sia aerei sia terrestri (Unmanned Ground Vehicle), pensati per proteggere manovre e scovare minacce in avanscoperta.
Al centro degli interventi logistici c’è la capacità di attraversare rapidamente corsi d’acqua e ostacoli naturali: il piano contempla la costruzione e l’acquisto di ponti anfibi e galleggianti, passerelle tattiche pedonali e mezzi per operare in ambienti impervi. Per favorire la mobilità e la penetrazione delle unità terrestri sono stanziati 106 milioni di euro per oltre cento veicoli tattici leggeri, mentre per i mezzi anfibi il documento indica una spesa complessiva di 877 milioni per l’acquisto, nell’arco di dieci anni, di 83 mezzi anfibi.
Materiali, compiti e priorità del Genio
Il pacchetto di investimenti assegna al Genio un ruolo centrale: i guastatori saranno responsabili di opere di fortificazione campale, del rafforzamento di postazioni e posti di comando, e del supporto alle tecniche di mascheramento e inganno (camouflage). L’intento dichiarato è quello di ricreare una capacità organica di condurre operazioni di combattimento a livello brigata, divisione e corpo d’armata, in piena conformità ai requisiti della Nato.
Il documento non nasconde i timori che hanno spinto il governo a scegliere questa svolta: la percezione di una minaccia dall’est, valutata credibile dagli alleati, e gli episodi di violazione degli spazi aerei europei che hanno fatto risuonare in diverse stanze la parola “preparazione”. Il ministro della Difesa, secondo il testo, ha più volte sottolineato che «non siamo pronti» a uno scontro diretto con forze convenzionali su larga scala, ragione per cui è necessario un cambio di paradigma.

Un approccio che guarda al passato e al futuro
La strategia delineata non è pensata per sostituire l’impegno italiano nelle Crisis Response Operations, campo nel quale il Paese vanta esperienza pluridecennale dal Kosovo al Sahel fino agli interventi di soccorso umanitario. Tuttavia, il ragionamento dei tecnici è chiaro: la specializzazione in missioni di gestione delle crisi ha ridotto la prontezza della componente del Genio a reggere un conflitto tradizionale. Per questo il piano punta a riconvertire capacità logistiche e operative, integrando tecnologie moderne a sistemi tradizionali di ingegneria militare.
Non si tratta, avvertono i documenti, di esercitazioni episodiche ma di un percorso organico di rigenerazione delle capacità di combattimento, finanziato con risorse significative e destinato a incidere sulla struttura e il ruolo delle Forze armate nei prossimi anni. L’orientamento verso l’acquisizione di materiali pesanti, mezzi anfibi e sistemi di supporto alla mobilità testimonia la volontà di prepararsi a scenari complessi e, per certi versi, più difficili rispetto alle emergenze umanitarie cui l’Italia è abituata intervenire.