
Una parola, un contesto pubblico e il fuoco incrociato della polemica. Il cosiddetto “cortigiana gate” è esploso con forza nel dibattito politico e mediatico italiano, accendendo le tensioni tra governo e opposizione e coinvolgendo direttamente Maurizio Landini, segretario della Cgil, per le parole pronunciate durante un’intervista a DiMartedì, il talk show condotto da Giovanni Floris su La7.
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Ad accendere lo scontro è stata l’espressione “cortigiana” usata da Landini in riferimento alla premier Giorgia Meloni, durante un passaggio critico su alcune scelte di governo. Un termine che ha scatenato la reazione indignata di Palazzo Chigi, ma anche del partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, che ha denunciato il “livello infimo delle offese dell’opposizione”, lamentando un uso sessista e svilente del linguaggio contro la figura istituzionale più alta del Paese.
Il caso arriva in tv: Floris e Formigli in difesa di Landini
La bufera verbale è approdata giovedì sera anche a Piazzapulita, il programma di approfondimento politico condotto da Corrado Formigli, anch’esso in onda su La7. Ed è proprio qui che, tra un servizio e l’altro, ha preso corpo una sorta di “soccorso rosso” in favore di Landini, nel tentativo di smorzare la gravità della sua uscita pubblica.
Formigli ha ammesso che “forse il termine non è stato il più giusto“, ma ha cercato di spostare l’attenzione sull’intenzione dietro le parole. “Però l’intenzione di Landini era un’altra”, ha dichiarato il conduttore, suggerendo una lettura più benevola e contestualizzata.
A rafforzare la linea difensiva è intervenuto lo stesso Giovanni Floris, presente come ospite in studio, e protagonista – suo malgrado – dell’intervista al centro delle polemiche. “Sì, ha utilizzato un vocabolo dal significato più ampio rispetto a quello che voleva intendere”, ha affermato il giornalista, spiegando che Landini si sarebbe reso conto in diretta del potenziale equivoco e avrebbe subito cercato di correggersi, dando l’interpretazione autentica delle sue intenzioni.

Interpretazione o retromarcia? La frase che divide
Nelle parole di Floris, l’episodio assume quasi i toni di un malinteso linguistico, amplificato dall’alta tensione politica del momento. “Avesse detto ‘io penso che sia prostituzione politica’ sarebbe stato molto grave – ha osservato il conduttore – anche perché utilizzi un termine molto brutto”. Il punto, secondo lui, è che Landini si è corretto subito, specificando che con “cortigiana” intendeva “portaborse” o “servo del potere”, e non intendeva affatto attribuire un insulto sessista.
Formigli rincara: “Ha dato l’interpretazione autentica, diciamo”, tentando di chiudere il caso come uno scivolone verbale, derubricabile a frase infelice e prontamente chiarita.
Floris chiude il cerchio con una riflessione che ha però alimentato ulteriori polemiche: “Io penso che non avesse in testa il significato più profondo, credo che non sia il primo significato che esce. Il primo è ‘membro della corte'”. Una spiegazione che per alcuni appare come una forzatura lessicale, per altri una legittima contestualizzazione. Ma resta la domanda: se i ruoli fossero stati invertiti, la stessa comprensione sarebbe stata invocata?
Il governo e Fratelli d’Italia al contrattacco
Nel frattempo, da parte del governo è arrivata una reazione durissima. La premier Giorgia Meloni ha condannato l’attacco, definendolo una caduta di stile e di rispetto istituzionale, e i parlamentari di Fratelli d’Italia hanno fatto quadrato attorno a lei, denunciando una strategia comunicativa aggressiva e sessista da parte dell’opposizione. L’accusa è chiara: Landini avrebbe usato un linguaggio inaccettabile nei confronti di una donna e di una premier, tentando poi di giustificarsi solo dopo le polemiche.
Molti esponenti del centrodestra hanno inoltre chiesto scuse pubbliche da parte del leader sindacale, sottolineando come certe parole non possano essere derubricate a incidenti di percorso, specialmente se pronunciate da una figura con grande visibilità e responsabilità.
Una ferita nel dibattito pubblico
Questa vicenda si inserisce in un clima politico già polarizzato, dove il linguaggio e la comunicazione pubblica rischiano sempre più spesso di diventare armi di scontro frontale. Il caso della parola “cortigiana” diventa allora simbolo di un dibattito impoverito, in cui il confine tra critica e offesa si fa sottile e pericoloso.
E mentre parte dell’opinione pubblica si divide tra chi chiede maggiore sobrietà nel confronto politico e chi vede nell’accaduto una strumentalizzazione mediatica, il vero rischio è quello di normalizzare un linguaggio eccessivo, che finisce per oscurare i contenuti delle discussioni, e alimentare un clima tossico dove ogni parola può diventare un’esplosione.