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Allarme ciucci per neonati, trovata sostata legata a cancro e infertilità. Ecco in quali marchi

Pubblicato: 18/10/2025 11:21

La preoccupante scoperta della presenza di bisfenolo A (BPA), una sostanza chimica sintetica con comprovati effetti di interferenza endocrina, in ciucci per neonati di marchi leader europei come Philips, Curaprox e Sophie la Girafe, ha sollevato un allarme significativo sulla sicurezza dei prodotti destinati ai bambini e sull’efficacia delle etichette che li definiscono “senza BPA” o “in gomma naturale”.

I risultati provengono da test di laboratorio eseguiti da dTest, un’organizzazione ceca per i consumatori, e riportati dal Guardian. Questa rivelazione è particolarmente inquietante data la vulnerabilità dei bambini agli interferenti endocrini e le estese problematiche di salute associate al BPA, che spaziano da problemi di sviluppo sessuale, obesità e cancro, evidenziando la necessità di una maggiore vigilanza nella produzione e nella regolamentazione dei prodotti per l’infanzia.

Il bisfenolo a e i suoi rischi per la salute infantile

Il bisfenolo A è una sostanza chimica ampiamente impiegata nella fabbricazione di materie plastiche, ma la sua struttura molecolare è sorprendentemente simile a quella dell’estrogeno, l’ormone sessuale femminile. Questa somiglianza gli conferisce la capacità di agire come un interferente endocrino, mimando o bloccando gli effetti degli ormoni naturali del corpo, anche a concentrazioni molto basse. Le implicazioni per la salute derivanti dall’esposizione al BPA sono estremamente vaste, come sottolineato da Chloe Topping, attivista del Chem Trust, che ha elencato una serie di patologie gravi collegate al composto, tra cui cancro al seno, cancro alla prostata, endometriosi, malattie cardiache, obesità, diabete e alterazione del sistema immunitario.

I neonati e i bambini piccoli rappresentano la popolazione più a rischio per gli effetti dannosi del BPA. La motivazione risiede nel fatto che i loro organismi sono in una fase cruciale di sviluppo, rendendo i loro organi e i sistemi ormonali particolarmente sensibili alle alterazioni chimiche. L’esposizione al bisfenolo A durante la prima infanzia o addirittura nell’utero è stata collegata a specifici problemi di sviluppo sessuale a lungo termine, come la riduzione del numero di spermatozoi nei maschi e l’insorgenza della pubertà precoce nelle femmine. Questo rende la presenza di BPA nei ciucci, oggetti che i neonati tengono in bocca per lunghi periodi, una criticità di salute pubblica di prim’ordine.

La metodologia dei test di laboratorio

Per ottenere risultati che replicassero fedelmente la potenziale esposizione dei neonati, i ricercatori di dTest hanno adottato una metodologia di test rigorosa e pertinente. Sono stati acquistati un totale di 19 ciucci per neonati da punti vendita in Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria, oltre a due campioni acquistati online dal sito Temu. L’obiettivo era simulare le condizioni ambientali presenti nella bocca di un neonato.

Per simulare il rilascio di sostanze chimiche dal ciuccio durante l’uso, ogni prodotto è stato immerso in una soluzione di saliva artificiale alla temperatura corporea per 30 minuti. Questo processo di estrazione mirava a far migrare le sostanze chimiche presenti nel materiale del ciuccio nella soluzione, replicando l’ingestione che avviene quando un bambino succhia. Successivamente, l’estratto risultante è stato sottoposto ad analisi chimica per quantificare il contenuto di bisfenolo.

I risultati e le concentrazioni di BPA riscontrate

I test di laboratorio hanno rilevato la presenza di BPA in quattro dei ciucci analizzati, tre dei quali appartenevano a marchi europei noti e commercializzati come sicuri. I risultati hanno mostrato una variazione nelle concentrazioni, ma il dato più allarmante riguarda il superamento del limite legale europeo in uno dei prodotti.

Il superamento del limite di legge

La concentrazione più alta di BPA è stata trovata nel ciuccio Curaprox Baby Grow with Love. Nonostante fosse esplicitamente venduto come “senza BPA”, il prodotto conteneva una concentrazione di $19$ microgrammi per chilogrammo. Questo valore non solo attesta la presenza della sostanza, ma supera il limite di migrazione stabilito dalla normativa dell’Unione Europea per il BPA nei succhietti per neonati, rendendolo potenzialmente non conforme agli standard di sicurezza europei.

Anche gli altri due ciucci di marchi europei testati hanno mostrato la presenza di BPA, sebbene in concentrazioni inferiori al limite legale di migrazione: il ciuccio in “gomma naturale” di Sophie la Girafe e il succhietto Philips Avent ultra air. Una concentrazione identica è stata riscontrata in uno dei ciucci acquistati su Temu, prodotto da Foshan City Saidah Baby Products.

Le reazioni delle aziende coinvolte

Le aziende citate nei rapporti hanno fornito risposte diverse ai risultati dei test, con alcune che hanno riconosciuto il problema e intrapreso azioni immediate, e altre che hanno minimizzato le scoperte o contestato i dati.

Curaden, l’azienda produttrice della gamma Curaprox, ha espresso “sorpresa” per l’esito dei test sul suo ciuccio Baby Grow with Love. Tuttavia, l’azienda ha agito con rapidità e responsabilità, conducendo test interni che hanno confermato la scoperta di dTest. In un gesto che sottolinea l’impegno per la sicurezza, Curaden ha immediatamente ritirato proattivamente dal mercato i ciucci dei lotti interessati e si è impegnata a offrire rimborsi a tutti i clienti, citando la “eccesso di cautela” e l’impegno per la qualità.

Vulli, l’azienda che produce Sophie la Girafe, ha risposto in modo più complesso. Sebbene abbia ammesso che la concentrazione riscontrata fosse “insignificante”, ha anche specificato che i ciucci non fanno più parte del loro catalogo da tempo, pur riconoscendo che sul sito web potrebbero esserci ancora immagini di neonati che li utilizzano. L’azienda ha inoltre ribadito che tutti i suoi prodotti sono sottoposti a “test esclusivi [BPA]” prima della commercializzazione, eseguiti da un laboratorio accreditato come SGS, suggerendo una potenziale discordanza tra i test di produzione e quelli di terze parti.

La multinazionale olandese Philips ha invece contestato il risultato, affermando di aver condotto ulteriori test in seguito alla pubblicazione dei dati di dTest e di non aver riscontrato BPA nel proprio succhietto Avent ultra air. Questa dichiarazione solleva interrogativi sulla variabilità dei risultati di laboratorio o sulle specifiche metodologie di estrazione utilizzate dalle diverse parti.

Necessità di maggiore trasparenza e vigilanza

La vicenda rafforza l’argomento di attivisti come Chloe Topping, secondo cui l’esposizione, anche a concentrazioni molto basse, alle sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino è una minaccia grave per la salute dei bambini. È cruciale che i produttori garantiscano una trasparenza totale sui materiali utilizzati e che i regolatori implementino test a campione indipendenti e frequenti per garantire che le dichiarazioni di sicurezza riportate sulle etichette siano veritiere e che i prodotti per l’infanzia siano effettivamente privi di sostanze chimiche dannose. Questo caso funge da monito sulla necessità di mantenere una vigilanza costante per proteggere la salute delle generazioni future.

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