
Si è spenta nella notte Sofia Corradi, la professoressa che con la sua visione e la sua determinazione diede vita al programma Erasmus, aprendo a generazioni di giovani europei le porte di un’istruzione senza confini. Ordinaria di Scienze dell’educazione all’Università di Roma Tre, era conosciuta da tutti come la “mamma Erasmus”, un soprannome che racchiude l’impatto profondo del suo lavoro nel campo della formazione e della cooperazione internazionale.
La notizia è stata resa nota dalla famiglia, che ha ricordato Corradi come una donna «di grande energia e generosità intellettuale e affettiva», capace di unire rigore accademico e passione civile. Con la sua intuizione, il progetto Erasmus ha cambiato per sempre la vita di milioni di studenti, contribuendo a costruire una nuova identità europea fondata sul dialogo e sullo scambio culturale.
Una carriera dedicata all’educazione e ai diritti
Sofia Corradi aveva conseguito la laurea in Giurisprudenza con lode presso l’Università di Roma La Sapienza, distinguendosi fin da subito per l’interesse verso il diritto allo studio come diritto umano fondamentale. Vincitrice di borse di studio Fulbright e della Columbia University, aveva ottenuto il Master in Comparative Law alla Graduate School of Law di New York, prima di intraprendere una brillante carriera accademica e di ricerca.
Le sue esperienze l’avevano portata a collaborare con istituzioni internazionali di primo piano, come la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’Accademia di Diritto Internazionale dell’Aja e la London School of Economics, dove continuò a studiare i meccanismi di cooperazione universitaria e l’armonizzazione dei titoli di studio tra i diversi Paesi.
L’intuizione nata da un’ingiustizia
In un’intervista rilasciata in occasione del trentennale del programma, Corradi raccontò che l’idea dell’Erasmus nacque da un episodio personale di frustrazione e indignazione verso il sistema accademico italiano. «Era il 1959 – ricordava – e avevo appena terminato un master alla Columbia University. Quando tornai in Italia per chiedere il riconoscimento della specializzazione, l’impiegato della segreteria mi guardò come se avessi inventato un’università. Mi sentii umiliata. Compresi allora che l’equiparazione dei titoli universitari in Europa era una battaglia necessaria».
Da quella vicenda prese forma il progetto che avrebbe permesso a milioni di studenti di studiare all’estero, conoscere nuove culture e costruire un’idea concreta di cittadinanza europea. Un sogno diventato realtà grazie a una donna che, con perseveranza e visione, trasformò un’esperienza personale in un programma che ancora oggi rappresenta uno dei pilastri dell’Unione Europea.