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Marina Berlusconi e l’allarme sulle Big Tech: “Un potere senza regole che minaccia la democrazia”

Pubblicato: 19/10/2025 12:07

Con una lettera pubblicata sul Corriere della Sera, Marina Berlusconi ha lanciato uno dei più severi attacchi pubblici di un grande imprenditore europeo contro i colossi della Silicon Valley. La presidente di Fininvest e del gruppo Mondadori denuncia un sistema digitale “fuori controllo”, dove “le piattaforme vivono in un Far West normativo e culturale” e dove il potere economico e politico delle Big Tech “minaccia la democrazia e la libertà d’informazione”.

L’intervento della Berlusconi si inserisce in un momento in cui Bruxelles sta cercando di dare piena attuazione al Digital Package, l’insieme di regolamenti che include il Digital Services Act e il Digital Markets Act, osteggiato apertamente da Donald Trump e da parte dell’industria tecnologica americana.

Il “potere smisurato” dei giganti tecnologici

Nel suo testo, Marina Berlusconi mette a confronto i cinque colossi della tecnologia – Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet e Amazon – con l’intera area euro, evidenziando come la loro capitalizzazione complessiva “superi ormai il Pil del Vecchio Continente”. Un dato simbolico ma eloquente per sottolineare quanto il potere di queste aziende sia divenuto sovranazionale, e quindi difficilmente arginabile dai singoli Stati.

Il problema, osserva la presidente di Fininvest, non è solo economico: “Il loro potere va ben oltre i valori di mercato. È un potere che rifiuta le regole, cioè la base di qualsiasi società davvero funzionante”. In questo scenario, gli editori tradizionali si trovano schiacciati da una concorrenza che lei definisce “sleale”: da un lato chi paga le tasse, tutela i lavoratori e rispetta il diritto d’autore; dall’altro chi concentra due terzi del mercato pubblicitario globale operando in un sistema opaco e privo di responsabilità editoriale.

Le piattaforme come nuovi attori politici

La riflessione di Marina Berlusconi si spinge oltre la dimensione economica, toccando quella politica. Le grandi piattaforme digitali, sostiene, “non sono più solo aziende private, ma attori politici”. Il loro potere di influenza, spiega, è tale da condizionare l’opinione pubblica e i processi democratici: “I padroni della Silicon Valley restano sempre al loro posto, capaci di passare dal wokismo al trumpismo con la disinvoltura di un cambio di felpa”.

Un’affermazione che fotografa con precisione la natura camaleontica e ideologicamente ambigua dei giganti del web, capaci di adattarsi a qualunque scenario per mantenere consenso e profitti. È in questa fluidità che, secondo Berlusconi, si genera la vera minaccia alla coesione democratica, perché la logica dell’algoritmo “alimenta polarizzazione, odio e rifiuto del dialogo”.

Fake news e deregulation: il prezzo dell’algoritmo

L’attacco più duro arriva sul terreno dell’informazione. Le piattaforme, accusa Berlusconi, prosperano in un contesto dove “nessuno risponde di ciò che scrive” e dove l’unico criterio di successo è il clic. Il risultato è una marea di fake news, di linguaggi d’odio e di intolleranza che “strangola la politica e avvelena il confronto pubblico”.

Citazioni e riferimenti si intrecciano: dal sociologo Jacques Ellul, che denunciava già negli anni Sessanta l’autonomia incontrollata della tecnica, fino a Sarah Wynn-Williams, ex dirigente di Meta, che ha definito i colossi digitali Careless People “gente che se ne frega”. È la stessa espressione scelta da Marina Berlusconi per definire la superficialità e l’arroganza delle piattaforme globali.

L’Europa non arretri

Nel suo appello finale, Marina Berlusconi invita la Commissione europea a non indietreggiare: “Un mercato è davvero libero solo quando risponde a regole giuste. Mi auguro che sul digitale l’Europa tenga il punto”. Il riferimento al Digital Package è diretto: “È una misura di tutela non solo per gli editori, ma per la democrazia stessa”.

La lettera si chiude con un’immagine potente: “Fahrenheit 451”, il romanzo di Ray Bradbury in cui un regime totalitario brucia i libri per cancellare il pensiero critico. “Anche nel regime digitale“, scrive, “c’è bisogno del racconto di un buon libro: ci rende più critici e meno vulnerabili alla manipolazione. Nel mare dei social e dell’intelligenza artificiale, dobbiamo conservare qualche isola di saggezza e intelligenza umana”.

Un messaggio che va oltre la difesa dell’editoria: è un manifesto culturale contro la deriva algoritmica e la rinuncia al pensiero. E, forse, uno dei più lucidi interventi italiani su un tema che segnerà il futuro della democrazia europea.

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Ultimo Aggiornamento: 19/10/2025 12:09

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