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“Terroristi a bordo”. Flotilla, l’accusa shock: “La verità sull’equipaggio, chi c’era”

Pubblicato: 19/10/2025 12:56

È polemica sulla Flotilla, l’operazione “umanitaria” che nelle scorse settimane ha tentato di forzare il blocco navale verso Gaza, ricevendo ampi consensi da parte di una certa area politica e persino la proposta di un premio istituzionale. C’è infatti chi ha avanzato la candidatura della Flotilla per l’Ambrogino d’Oro, il più alto riconoscimento civico di Milano. Ma a gettare ombre sulla missione sono emersi dettagli inquietanti: a bordo di una delle navi viaggiavano due ex terroristi dell’Eta, come riportato da Il Tempo.

Si tratta di Itziar Moreno Martínez, conosciuta come Hodei, e di José Javier Osés Carrasco, detto Jotas. Due nomi poco noti al grande pubblico, ma strettamente legati alla storia insanguinata del separatismo basco. Entrambi facevano parte del gruppo terroristico Eta (Euskadi Ta Askatasuna), che tra gli anni ’70 e 2000 ha provocato oltre 800 vittime. La loro presenza a bordo della nave Sirius, accanto ad attivisti e anche all’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, ha sollevato interrogativi sulla reale natura della spedizione.

Carrasco è stato arrestato in Francia nel 2012 e condannato a otto anni di carcere per il suo ruolo nell’apparato militare-logistico dell’Eta. Dopo aver scontato sei anni, cinque dei quali in Francia, è stato rilasciato nel 2018. La sua compagna di viaggio, Moreno, è stata invece condannata nel 2016 a 15 anni per il tentato omicidio di quattro gendarmi durante una sparatoria nel 2011. Estradata in Spagna, ha scontato parte della pena a Zaballa, fino alla scarcerazione nel 2023. Entrambi risultano oggi formalmente liberi, ma con un passato che pesa come un macigno.

La notizia ha rilanciato i sospetti già sollevati da un rapporto del Ministero della Diaspora israeliano, che ha messo nero su bianco i legami oscuri tra alcuni organizzatori della Flotilla e gruppi terroristici. Secondo il documento, alcuni membri del comitato direttivo avrebbero partecipato a incontri con rappresentanti di Hamas, della Jihad Islamica Palestinese (PIJ) e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), oltre ad aver fornito fondi a organizzazioni operanti nella Striscia di Gaza.

Tra i nomi citati nel dossier figura Muhammad Nadir Al-Nuri, attivista e fondatore della ONG Cinta Gaza Malaysia, accusato di aver finanziato progetti direttamente controllati da Hamas, tra cui un edificio per l’Ufficio per lo Sviluppo Sociale di Gaza. Un altro nome è quello di Wael Nawar, ex coordinatore del Soumoud Convoy, che avrebbe partecipato a incontri con alti esponenti dei principali gruppi armati palestinesi.

Nelle carte è presente anche Zaher Birawi, presidente dell’EuroPal Forum, considerato uno dei principali promotori della Flotilla. Israele lo identifica da anni come un «alto operatore di Hamas in Europa», nonostante lui neghi ogni coinvolgimento. Nel 2012 è apparso pubblicamente al fianco di Ismail Haniyeh, leader dell’organizzazione palestinese, e nel 2021 ha ricevuto una lettera firmata dallo stesso Haniyeh, documento pubblicato successivamente dal Ministero degli Esteri israeliano.

Secondo le autorità israeliane, tutto ciò dimostra che le risorse logistiche e finanziarie della Flotilla sarebbero legate a doppio filo ad Hamas, e che la missione navale sarebbe una copertura per operazioni di propaganda o supporto strategico al gruppo. «Il sostegno alla Flotilla va ben oltre l’aiuto umanitario. Parliamo di una struttura parallela, con legami chiari e diretti con reti terroristiche attive», si legge nel rapporto.

Nonostante queste rivelazioni, in Italia e in Europa non mancano i supporter dell’iniziativa. In alcune città, la Flotilla è stata persino celebrata con manifestazioni pubbliche, e – come accennato – c’è chi vorrebbe premiarla con riconoscimenti istituzionali, ignorando del tutto i collegamenti emersi. Una posizione che ha scatenato la dura reazione di alcuni commentatori, come Tommaso Cerno, che ha definito l’idea dell’Ambrogino d’Oro «una gara a chi capisce meno della realtà».

Alla luce di queste informazioni, il dibattito sulla Flotilla appare tutt’altro che chiuso. La presenza a bordo di ex membri dell’Eta, i legami finanziari e politici con organizzazioni considerate terroristiche, e i documenti ufficiali pubblicati da Tel Aviv pongono una domanda essenziale: possiamo davvero parlare solo di aiuti umanitari? O si sta trasformando un’operazione ideologica, con contorni opachi, in un simbolo di pace a senso unico?

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