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Trump lancia l’allarme: “Attacco imminente di Hamas, possibile strage tra i civili”

Pubblicato: 19/10/2025 08:29

Gli Stati Uniti hanno lanciato un severo monito: un attacco imminente di Hamas contro i civili di Gaza rappresenterebbe una grave violazione del cessate il fuoco raggiunto con la mediazione internazionale. Il Dipartimento di Stato americano ha informato i Paesi garanti dell’accordo che Hamas starebbe preparando un’aggressione armata all’interno della Striscia, definendola «una minaccia diretta ai progressi ottenuti». In caso di escalation, Washington si dice pronta a «prendere misure per proteggere la popolazione di Gaza» e mantenere in vita la fragile tregua.

L’allerta americana arriva in un momento particolarmente delicato, mentre Israele e Hamas sembravano aver raggiunto una parziale intesa sulla prima fase del piano di pace. Firmato il 13 ottobre a Sharm el Sheikh, il documento prevede il ritiro parziale delle truppe israeliane – che manterranno comunque il controllo del 53% della Striscia – e un doppio scambio umanitario: da una parte la restituzione degli ostaggi israeliani, dall’altra la liberazione di 1.968 detenuti palestinesi. Ma il punto più critico resta irrisolto: il disarmo di Hamas, condizione non negoziabile per il governo israeliano.

Nel frattempo, l’organizzazione islamista ha restituito tutti i 20 ostaggi vivi, ma soltanto 10 dei 28 corpi degli ostaggi deceduti. Tra questi, il corpo del fotoreporter Ronen Engel, 54 anni, rapito da Hamas durante l’assalto al kibbutz di Nir Oz il 7 ottobre 2023. Volontario del Magen David Adom, l’equivalente israeliano della Croce Rossa, Engel era stato ucciso e portato nella Striscia. Sua moglie e i figli adolescenti erano stati liberati durante la prima tregua. L’esercito israeliano ha confermato ieri l’avvenuta identificazione del suo corpo, promettendo che proseguirà gli sforzi finché tutti gli ostaggi non saranno riportati a casa, vivi o morti.

La tensione resta altissima anche sul fronte militare. Nella notte, l’IDF ha dichiarato di aver ricevuto dalla Croce Rossa i resti di altri due ostaggi deceduti. Le autorità israeliane hanno avviato le procedure di identificazione, mentre proseguono le operazioni di intelligence all’interno della Striscia. Ogni consegna di resti viene trattata come un evento di portata nazionale, a conferma della centralità che la questione degli ostaggi ha assunto nell’opinione pubblica israeliana.

Nonostante gli sforzi diplomatici, il valico di Rafah – principale punto di passaggio tra Gaza ed Egitto – resta chiuso. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiarito che non ci sarà alcuna apertura finché Hamas non sarà completamente disarmato. «La guerra finirà solo con la neutralizzazione totale della minaccia armata», ha detto, spegnendo le speranze di un allentamento delle misure restrittive nel breve termine.

Per gestire la fase post-conflitto, sono stati nominati 15 tecnocrati palestinesi che dovranno amministrare Gaza secondo quanto previsto dal piano di pace. Hamas sarà escluso dal futuro governo della Striscia. Nel frattempo, all’interno dell’enclave, si registrano nuovi scontri interni: il movimento islamista avrebbe iniziato a colpire i propri oppositori in una sorta di epurazione preventiva. Un segnale inquietante che potrebbe compromettere il già precario equilibrio interno.

Sul fronte umanitario, il Qatar ha annunciato l’apertura di un ponte terrestre con l’Egitto, con partenza da Doha e arrivo ad Al Arish, per facilitare la distribuzione di aiuti alla popolazione palestinese. L’iniziativa, condotta in collaborazione con la Qatar Charity, prevede l’invio di forniture mediche, generi alimentari e materiali per rifugi. Un segnale concreto di supporto internazionale alla popolazione civile, mentre il conflitto rischia di riesplodere.

Nel frattempo, è stato rinviato a martedì il viaggio in Israele del vicepresidente americano JD Vance. La notizia, diffusa dal giornalista Barak Ravid su X, sarebbe legata alla situazione instabile nella regione. Gli Stati Uniti restano comunque profondamente coinvolti nella gestione della crisi, sia in termini di pressione diplomatica che di intelligence sul campo. La priorità, per Washington, resta il contenimento della violenza e il mantenimento del fragile equilibrio raggiunto.

Ma l’ombra dell’attacco imminente di Hamas contro i civili di Gaza incombe come una minaccia concreta. Se l’allarme lanciato dagli Stati Uniti dovesse concretizzarsi, il rischio di una nuova escalation militare diventerebbe altissimo. E con esso, crollerebbero le speranze di una tregua duratura. Il tempo per la pace sembra stringere, mentre la guerra continua a rimanere sul filo del rasoio.

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