
Lutto nel cinema italiano. Si è spenta a 81 anni Martine Brochard, attrice francese di nascita ma italiana d’adozione, tra i volti più amati e versatili del panorama artistico nazionale. Da tempo lontana dalle scene, viveva in un ex convento a Morlupo, vicino Roma, dove aveva trovato quiete e raccoglimento accanto al figlio Ferdinando Ceriani, regista teatrale.
Nel corso della sua lunga carriera ha lavorato con maestri del cinema come Giovanni Grimaldi, Pupi Avati, Tinto Brass e Neri Parenti, attraversando con naturalezza cinema, teatro e televisione. La sua eleganza e la voce inconfondibile hanno lasciato un segno profondo nella cultura italiana.
Dalla danza al cinema, una carriera internazionale
Nata a Parigi il 2 aprile 1944, Martine Brochard aveva iniziato come ballerina classica prima di approdare al grande schermo. Il debutto arrivò con François Truffaut in Baci rubati (1968), ma fu l’Italia, dove si trasferì nel 1970, a consacrarla come attrice di primo piano.

Negli anni Settanta divenne un volto iconico del cinema di genere, interpretando ruoli intensi e complessi in film come Milano trema: la polizia vuole giustizia di Sergio Martino e La governante di Giovanni Grimaldi, che le valse la Maschera d’argento. Con il suo sguardo malinconico e la capacità di fondere sensualità e fragilità, conquistò pubblico e critica, diventando simbolo di un’epoca cinematografica vivace e controversa.
Dal grande schermo alla televisione

Brochard seppe muoversi con disinvoltura tra cinema, teatro e televisione. Partecipò a serie di grande successo come Il bello delle donne e La squadra, e portò la sua ironia nei varietà del Bagaglino. Sul palcoscenico condivise la scena e la vita con Umberto Ceriani e, in seguito, con il drammaturgo Franco Molè, che sposò nel 1984 e perse nel 2006.

Tra i suoi film più noti figurano Una spirale di nebbia di Eriprando Visconti, Follia omicida di Riccardo Freda, Paprika e L’uomo che guarda di Tinto Brass, L’orso di peluche di Jacques Deray, Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati e Colpi di fulmine di Neri Parenti. Un percorso artistico eclettico che le consentì di esplorare registri diversi, dall’erotico al drammatico fino alla commedia leggera.
La fede, la scrittura e il ritiro dalle scene

Dopo la morte del marito e la lotta contro la leucemia, Martine Brochard decise di allontanarsi dai riflettori per dedicarsi alla scrittura. Pubblicò libri di favole per bambini e volumi autobiografici, trovando nella parola un nuovo modo per raccontare la vita. Tra le sue opere più note, il libro I miracoli esistono solo per quelli che ci credono, in cui narrava la propria battaglia contro la malattia con toni intimi e spirituali. “Per giorni ho continuato a parlare con Gesù, poi la mia mente si è calmata e ho potuto sentire le risposte di Dio”, scriveva in un passaggio commovente.
Nel 2016 pubblicò il suo ultimo volume, Le favole della gallina blu, un delicato omaggio alla fantasia e all’infanzia. Negli ultimi anni si era dedicata ai nipoti, alla preghiera e alla meditazione, fedele a quella serenità che aveva cercato dopo una vita intensa. Martine Brochard se n’è andata in silenzio, lasciando un’eredità di grazia, talento e umanità: il ricordo luminoso di una donna che ha saputo unire arte e spiritualità con rara autenticità.