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Trump-Zelensky, il retroscena dell’incontro: “Lite furibonda e mappe del fronte gettate a terra”

Pubblicato: 20/10/2025 10:07

Una lite furibonda, un incontro a porte chiuse che si trasforma in un duello verbale, e un Donald Trump sempre più esplicito nel voler chiudere il capitolo ucraino alle sue condizioni. La tensione tra il presidente americano e il leader ucraino Volodymyr Zelensky torna a salire bruscamente, dopo il primo faccia a faccia già segnato da tensioni a fine febbraio. Ma stavolta, secondo le ricostruzioni dei media statunitensi, l’episodio avrebbe superato i confini della diplomazia per assumere i toni di uno scontro frontale.
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Mappe del fronte gettate in aria, accuse reciproche, e – secondo fonti riportate dal Financial Times – la minaccia implicita di abbandonare Kiev al suo destino se non si accetteranno le condizioni imposte dal Cremlino. Per Trump, la linea è chiara: basta armi all’Ucraina, via libera a una soluzione negoziata, anche se ciò significa cedere territori occupati alla Russia.

Un incontro teso e carico di tensione geopolitica

L’incontro si è svolto lontano dalle telecamere, ma i dettagli trapelati parlano di un clima infuocato. L’ex tycoon avrebbe intimato a Zelensky di “accettare l’offerta di Putin”, definita come unica via per evitare la distruzione dell’Ucraina. Secondo quanto riportato dal Washington Post, Trump avrebbe ribadito che la Russia pretende il “pieno controllo del Donbass”, lasciando intendere che il futuro dell’Ucraina si giochi ormai non tanto sul campo di battaglia quanto nei salotti delle superpotenze.

Zelensky, dal canto suo, non ha ceduto. Il leader ucraino ha confermato di essere pronto a dialogare, persino proponendo un vertice in Ungheria, ma ha ribadito che nessuna trattativa potrà partire da una resa mascherata. “Putin non può essere fermato con le parole”, ha dichiarato a margine dell’incontro, “serve pressione concreta”.

Gli Stati Uniti puntano all’accordo, l’Europa osserva con timore

Dietro il comportamento di Trump si cela una strategia americana già evidente: appaltare la difesa dell’Ucraina all’Europa, limitando il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Un piano che si inserisce nel più ampio disegno strategico di ridimensionamento degli impegni militari nel vecchio continente, per concentrare risorse sull’Indo-Pacifico e sull’Artico, dove si giocheranno gli equilibri futuri tra Washington, Mosca e Pechino.

Questa impostazione però allarma le cancellerie europee, che temono una resa negoziata imposta dall’alto, o peggio, una spartizione geopolitica dell’Ucraina. I timori si erano già manifestati ad agosto, alla vigilia del summit in Alaska tra Trump e Putin, e oggi tornano con forza: l’Europa potrebbe trovarsi di fronte al fatto compiuto, senza possibilità di incidere realmente sulle decisioni.

Kiev resta sotto attacco, l’appello di Zelensky agli alleati

Intanto, mentre i vertici si confrontano negli uffici del potere, sul terreno la guerra in Ucraina continua con violenza crescente. Secondo fonti ufficiali di Kiev, in una sola settimana oltre 3.270 droni kamikaze, 1.370 bombe aeree guidate e quasi 50 missili di varia tipologia sono stati lanciati contro il territorio ucraino. Tra gli obiettivi colpiti, centrali elettriche e infrastrutture del gas, lasciando migliaia di famiglie senza energia e riscaldamento in diverse regioni.

La risposta di Zelensky non si è fatta attendere. Rivolgendosi a Stati Uniti, G20, G7 e Unione europea, ha chiesto “più difese aeree, maggiore coordinamento tra gli alleati e nuove sanzioni al Cremlino”. L’Ucraina, secondo il suo presidente, non può essere spinta ad accettare compromessi territoriali che legittimerebbero l’aggressione russa.

Trump: “Non possiamo dare tutte le armi all’Ucraina”

Durante un’intervista a Fox News, Trump ha giustificato la sua posizione: “Non possiamo dare tutte le nostre armi all’Ucraina. Semplicemente non possiamo farlo”. Ha poi aggiunto di essere stato “molto buono con Zelensky e con il popolo ucraino”, ma che “la sicurezza degli Stati Uniti deve restare la priorità”. Una linea che segna una rottura rispetto alla politica seguita dai precedenti governi americani, e che rischia di compromettere l’unità dell’alleanza occidentale.

Il leader repubblicano ha inoltre ribadito la volontà di “concludere la guerra rapidamente”, ma senza chiarire se ciò significhi accettare le condizioni russe. Una pace imposta potrebbe tradursi in un precedente pericoloso in altri contesti geopolitici, dalla Taiwan contesa alla stabilità nei Balcani.

Uno scenario fragile e in evoluzione

La guerra in Ucraina appare sempre più come un nodo strategico globale, e sempre meno come un conflitto regionale. L’atteggiamento di Trump, che sembra voler riscrivere l’equilibrio dei rapporti internazionali, pone l’Europa di fronte a nuove responsabilità. Con gli Stati Uniti sempre più defilati, la gestione del conflitto e del dopo-guerra ucraino potrebbe ricadere proprio sulle spalle dei governi europei.

Nel frattempo, Zelensky continua la sua offensiva diplomatica, ma la solitudine internazionale si fa sentire. La mancanza di armamenti avanzati – come i missili Tomahawk, negati durante il vertice a Washington – limita la capacità difensiva di Kiev, mentre la pressione militare russa non dà tregua.

In questo scenario, le prossime settimane saranno cruciali: tra trattative opache, pressioni politiche e nuove escalation, il rischio è che il futuro dell’Ucraina venga deciso non sul campo, ma lontano da occhi indiscreti, tra le mura di palazzi dove le mappe si lanciano sul tavolo e le minacce si sussurrano più forte delle promesse.

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Ultimo Aggiornamento: 20/10/2025 10:32

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