
Una serata tranquilla interrotta da un boato. È successo alle 22:17 di giovedì 17 ottobre a Campo Ascolano, una località sul mare alle porte di Roma. Davanti alla casa del giornalista Sigfrido Ranucci, volto storico di Report, è esploso un ordigno rudimentale che ha distrutto due auto: la sua e quella della figlia. “Mia figlia era lì, poteva morire”, ha raccontato con voce scossa. Nessun ferito, ma tanta paura e una nuova ombra sulle intimidazioni mafiose che da anni accompagnano il lavoro del cronista.
Sigfrido Ranucci ndagini e prime scoperte sull’attentato
Le indagini, affidate al pm Carlo Villani del pool antimafia di Roma, puntano sui reati di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi. Gli esperti del Nucleo Investigativo di Frascati hanno scoperto che l’ordigno conteneva circa un chilogrammo di polvere pirica compressa, con un potenziale distruttivo notevole. Gli artificieri stanno analizzando i resti per capire come sia stato costruito.
Alcuni testimoni avrebbero visto un uomo incappucciato nei pressi dell’abitazione pochi minuti prima dell’esplosione. Subito dopo, un’auto è stata vista fuggire. Gli inquirenti ritengono che chi ha agito conoscesse bene le abitudini di Ranucci e le zone prive di telecamere.

Un messaggio alla stampa?
Tra le ipotesi più forti, quella di un’intimidazione pianificata. L’attacco potrebbe essere collegato alle inchieste di Report che, negli ultimi anni, hanno toccato interessi delicati tra politica, affari e criminalità organizzata. Un dettaglio cruciale riguarda il trasferimento di un pentito di mafia dalla stessa zona poche ore prima dell’attentato. L’uomo aveva collaborato con Ranucci in passato, fornendo informazioni sulla trattativa Stato-mafia e sui rapporti tra ’ndrangheta e settore energetico.
Ranucci ha però voluto chiarire: “Non vedo scenari politici dietro questo gesto credo che l’origine sia criminale o legata a qualcuno che si serve della criminalità”. Una presa di posizione che smentisce le parole di Elly Schlein, la quale aveva collegato l’attacco al clima politico creato, secondo lei, dalla “destra estrema”.

Una minaccia che si ripete
Non è la prima volta che Ranucci è vittima di intimidazioni. Nel 2023, nello stesso punto davanti alla sua abitazione, erano stati trovati due proiettili di pistola. Gli investigatori stanno confrontando i due episodi: il luogo, le modalità e la conoscenza precisa dei movimenti della famiglia fanno pensare a un’azione pianificata, forse su commissione.
Tra le piste considerate ci sono quelle di gruppi criminali locali, bande albanesi o ultrà, ma anche l’ipotesi di un lupo solitario non è esclusa. In ogni caso, il messaggio sembra chiaro: intimidire non solo il giornalista, ma anche le sue fonti, scoraggiandole dal collaborare con Report.

Sigfrido Ranuccu, il ritorno in tv e la risposta all’attentato
A pochi giorni dall’accaduto, Ranucci ha confermato che Report tornerà in onda il 26 ottobre. “Non ci facciamo intimidire, continueremo a raccontare con il nostro solito sguardo”, ha dichiarato. Il giornalista vive sotto scorta dal 2010, dopo le minacce ricevute per le sue inchieste su mafia, corruzione e potere economico, e negli ultimi mesi la protezione è stata ulteriormente rafforzata.
L’attacco ha scatenato reazioni di solidarietà unanime dal mondo politico e giornalistico. Il ministro dell’Interno ha ordinato un aumento delle misure di sicurezza per lui e la sua famiglia. Ma il messaggio più forte è arrivato proprio dal giornalista: “Chi prova a fermarci non ha capito che non siamo soli. Il giornalismo libero non ha paura”.