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Governo Meloni, record di permessi di soggiorno rilasciati agli stranieri: africani e asiatici in testa

Pubblicato: 20/10/2025 09:25
Meloni record permessi soggiorno

Giorgia Meloni guida il governo che, negli ultimi dieci anni, ha concesso il numero più alto di primi permessi di soggiorno a cittadini extra Ue. Un dato sorprendente se confrontato con la narrativa politica dominante, soprattutto all’interno della maggioranza di governo, che ha sempre promosso una linea dura in materia di immigrazione. Eppure, la realtà raccontata dai numeri ufficiali è diversa: con una media di 367.000 nuovi permessi all’anno, l’esecutivo attuale supera nettamente quelli precedenti, da Renzi a Draghi, passando per Gentiloni e Conte.
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I numeri che contraddicono la retorica

I dati, forniti dal Viminale e trasmessi a Eurostat, non lasciano spazio a dubbi: nel solo 2023 sono stati rilasciati 389.000 primi permessi di soggiorno, mentre nel 2022 erano stati 346.000. Si tratta di numeri record nel decennio 2014-2024. A renderli noti è Matteo Villa, direttore del DataLab dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), che ha calcolato le medie annuali per ogni governo. Il confronto è netto: 367.000 permessi con Meloni, contro i 305.000 di Draghi, i 251.000 di Gentiloni e i 239.000 del primo Conte.

I primi permessi di soggiorno indicano i nuovi ingressi regolari per motivi di lavoro, studio, ricongiungimento familiare o protezione internazionale. Proprio quest’ultima voce ha registrato un incremento significativo sotto l’attuale governo: tra il 2023 e il 2024, il 50% dei permessi è stato rilasciato per “altre ragioni”, con particolare riferimento a richieste di asilo e motivi umanitari.

Chi beneficia dell’accoglienza

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il picco non è imputabile alla crisi ucraina, come nel 2022. La presenza di richiedenti ucraini è scesa dal quarto posto al ventiduesimo tra i Paesi di provenienza. A guidare oggi la classifica ci sono Bangladesh, Egitto e Pakistan, confermando che l’incremento riguarda soprattutto ingressi da Africa e Asia.

Questi dati evidenziano una gestione pragmatica dell’immigrazione, come osserva Villa, ma che resta fuori dal racconto politico ufficiale. Nessun leader della coalizione di governo ha rivendicato pubblicamente il record di accoglienza né giustificato l’aumento dei permessi come scelta strategica o necessaria.

Accoglienza più costosa, ma con meno servizi

All’aumento dei permessi di soggiorno non ha corrisposto un miglioramento del sistema di accoglienza, anzi. Secondo le analisi di ActionAid e Openpolis, i costi complessivi sono saliti nel 2023 a seguito di nuovi decreti ministeriali, ma a fronte di servizi ridotti. Il vecchio slogan dei “35 euro al giorno per migrante”, per anni cavallo di battaglia della destra, è stato superato: oggi si può arrivare a 40 euro giornalieri per persona nelle strutture collettive, senza però garantire un adeguato standard di servizi.

Come denuncia l’avvocata Caterina Bove, citando la Fondazione Migrantes, il nuovo capitolato d’appalto del ministero dell’Interno per il 2024 prevede un impianto che “riconosce spese più alte, ma impone standard inferiori”, in particolare nelle grandi strutture. Questo meccanismo produce maggiore profitto per gli enti gestori, ma penalizza i beneficiari.

Diminuiscono le possibilità di integrazione

L’impostazione attuale porta a una contraddizione evidente: si spende di più per accogliere più persone, ma si forniscono meno strumenti per l’integrazione. I grandi centri di accoglienza risultano privi di servizi fondamentali come assistenza psicologica, corsi di italiano o orientamento legale e territoriale. Lo stesso Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che dovrebbe garantire un percorso più strutturato, è sottodimensionato e sempre più marginale.

Tra il 2023 e il 2024, migliaia di persone aventi diritto non sono riuscite ad accedervi, finendo senza tutele e spesso senza dimora. Si moltiplicano così i casi di lavoro nero, sfruttamento, esclusione sociale e, in alcuni casi, devianza. Una contraddizione che evidenzia una strategia miope: si trattengono i richiedenti, persino in strutture esterne come in Albania, ma si perdono di vista quando ottengono il permesso di restare.

Scenario allarmante secondo l’Onu

Un recente studio dell’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) fotografa uno scenario “preoccupante”. Secondo i dati raccolti, il 67% dei rifugiati in Italia è a rischio di povertà relativa, mentre il 43,5% vive in povertà assoluta. L’integrazione è ostacolata principalmente dalla barriera linguistica e dalla mancanza di supporto pubblico nei primi mesi dopo il riconoscimento del diritto d’asilo.

Le istituzioni internazionali evidenziano un sistema di accoglienza in crisi, che non riesce a trasformare i nuovi ingressi regolari in presenze integrate. Si assiste così a un paradosso: un governo che rilascia più permessi che mai, ma che costruisce un sistema che favorisce l’esclusione, con costi economici e sociali che ricadranno sull’intera collettività.

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