
È bastato un intervento di pochi minuti a Che tempo che fa, il talk condotto da Fabio Fazio, per scatenare una nuova ondata di polemiche sui social. Roberto Burioni, virologo noto al grande pubblico per il suo attivismo in ambito scientifico e per le sue polemiche tv e social, è tornato a parlare di vaccino anti-Covid, equiparandolo per logica e periodicità a quello contro l’influenza stagionale. Le sue parole, però, hanno riaperto ferite ancora aperte nella società italiana, dove il dibattito sul Covid-19, a distanza di anni dall’inizio della pandemia, resta tutt’altro che sopito.
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Burioni: “Il vaccino è come quello dell’influenza”
Durante il programma andato in onda in prima serata, Burioni ha dichiarato: “Il vaccino contro il Covid è come quello dell’influenza: deve essere fatto ogni anno da persone che hanno più di 60 anni o che hanno particolari vulnerabilità. Non è vero che abbia causato effetti collaterali e tutte queste cose strane. Queste bugie sono pericolose per la salute pubblica”.
Una posizione netta, priva di sfumature, che ricalca l’approccio diretto con cui il virologo si è sempre rivolto al pubblico, soprattutto durante le fasi più acute della pandemia. Le sue affermazioni, tuttavia, non hanno trovato tutti d’accordo, soprattutto sul web, dove si è rapidamente acceso un fronte critico.

Pioggia di critiche sui social
Su X (ex Twitter), Facebook e Instagram, le reazioni non si sono fatte attendere. Centinaia di utenti hanno accusato Burioni di voler “riscrivere la storia” della pandemia e di “negare l’esistenza di effetti collaterali” che, a loro dire, sarebbero stati ben documentati.
Tra i commenti più frequenti spiccano frasi come:
- “Ancora con questa narrativa? Non imparano mai.”
- “Negare gli effetti avversi significa ignorare chi ha sofferto davvero.”
- “Come può un medico parlare così nel 2025, dopo tutto quello che è successo?”
Molti hanno riportato testimonianze personali o casi di conoscenti che avrebbero avuto reazioni negative dopo la somministrazione del vaccino. Anche se si tratta di dati non verificabili, questo tipo di narrazione ha trovato grande eco nella bolla social più critica verso la gestione pandemica e verso la campagna vaccinale.
"Il vaccino contro il covid è come quello dell'influenza: deve essere fatto ogni anno da persone che hanno più di 60 anni che hanno particolari vulnerabilità. Non è vero che abbia causato effetti collaterali e tutte queste cose strane. Queste bugie sono pericolose per la salute… pic.twitter.com/A0C1C77Y66
— Che Tempo Che Fa (@chetempochefa) October 19, 2025
Il nodo degli effetti collaterali
La frase di Burioni secondo cui “non è vero che abbia causato effetti collaterali e tutte queste cose strane” ha toccato un nervo scoperto. Sebbene le principali agenzie regolatorie internazionali, come EMA e FDA, abbiano sempre affermato che i benefici del vaccino superano di gran lunga i rischi, l’ammissione di alcuni effetti rari è stata comunque documentata, come nel caso delle miocarditi in soggetti giovani o delle reazioni allergiche gravi.
Nel suo intervento, però, Burioni ha puntato il dito contro quella che ha definito una “disinformazione pericolosa”, sottolineando come la diffusione di false notizie possa indebolire la fiducia nella medicina basata sull’evidenza. Un’affermazione che si pone in netto contrasto con chi chiede maggiore trasparenza e riconoscimento degli eventi avversi.
Tra scienza e comunicazione: un equilibrio difficile
Il ritorno di Burioni nel dibattito pubblico riaccende anche un’altra questione mai risolta: quella del tono della comunicazione scientifica. Mentre una parte dell’opinione pubblica continua a vederlo come un riferimento chiaro e diretto, un’altra lo accusa di un approccio elitario, che non tiene conto delle paure e delle esperienze soggettive delle persone.
In un contesto post-pandemico ancora segnato da profonde divisioni, dichiarazioni come quelle di Burioni rischiano di riattivare polarizzazioni ormai cronicizzate. Soprattutto se, come accaduto in questo caso, non sono accompagnate da un linguaggio inclusivo o da un confronto con le voci critiche.
Conclusione: una società ancora spaccata
L’intervento di Roberto Burioni a Che tempo che fa ha avuto l’effetto di un sasso nello stagno, dimostrando quanto il tema vaccini Covid sia ancora divisivo. Le reazioni social raccontano di una società che non ha ancora superato del tutto il trauma collettivo della pandemia e che continua a cercare risposte, spesso in modo conflittuale.
A oggi, mentre la comunità scientifica continua a raccomandare la vaccinazione per le categorie più fragili, il dibattito resta acceso, complicato da anni di sfiducia, comunicazione controversa e dolore non elaborato. In questo clima, ogni parola pubblica, soprattutto da parte di figure autorevoli, può diventare miccia per nuove polemiche.