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Francesco muore a 14 anni, i genitori a processo per omicidio: “Un medico ci ha plagiati. Ecco chi era veramente”

Pubblicato: 21/10/2025 08:27

Compassione, rabbia e rispetto. Sono i sentimenti che emergono ascoltando Luigi Gianello e Martina Binotto, i genitori di Francesco, morto a 14 anni per un tumore osseo. Oggi, a Vicenza, si apre il processo che li vede imputati per omicidio con dolo eventuale, accusati di aver ritardato cure e diagnosi scegliendo di seguire le teorie del discusso medico tedesco Geerd Hamer. «La Davis è come la mamma, non si tocca», avrebbe detto un tempo Pietrangeli di fronte alla rinuncia a un simbolo nazionale; qui, invece, la “rinuncia” è stata quella alla medicina tradizionale, con conseguenze devastanti.

La fede cieca nella teoria Hamer

«Abbiamo sentito il dottor Penzo, ci ha detto che con la biopsia il tumore si poteva espandere. Non dovevamo farla, insisteva», racconta Luigi. Così, dopo una prima diagnosi all’ospedale Rizzoli di Bologna, la famiglia decide di abbandonare la strada della medicina convenzionale. «Penzo seguiva Hamer: diceva che la malattia è la risposta a un conflitto interiore, che basta risolverlo per guarire. Gli credevo, mi dava speranza», aggiunge il padre. Ma le “cure” proposte si riducono ad argilla e antinfiammatori, e quando Francesco peggiora, i genitori vengono indirizzati verso due terapeuti che diffondono la dottrina hameriana.

«Ci suggerirono di portarlo in Egitto o in Toscana, per un periodo di rigenerazione», spiega Luigi. Alla fine scelgono Valdibrucia, una struttura dove Francesco viene sottoposto a massaggi e bagni rilassanti, senza trattamenti medici. Con il peggioramento delle condizioni, i genitori lo portano infine all’ospedale di Perugia, dove vengono accolti dai medici. «Ormai era chiaro. Se lo fosse stato prima, avremmo agito diversamente», confessa Luigi.

“Abbiamo incontrato persone pericolose”

A distanza di due anni, i genitori riconoscono i loro errori. «Non abbiamo mai voluto fare del male a nostro figlio. A Bologna non abbiamo avuto l’aiuto psicologico di cui avevamo bisogno», dice la madre. Entrambi oggi rifiutano la teoria che li ha portati a scelte tragiche: «Stare lontani da Hamer. E se vuoi fare qualcosa, fallo per te, non per gli altri», ammonisce Martina. Luigi aggiunge: «Abbiamo incontrato persone pericolose. Nessuno può conoscere le cause della malattia, solo Dio le sa. Ai genitori dico: andate negli ospedali. Non affidatevi solo a chi vi promette miracoli». Una lezione dolorosa, maturata troppo tardi, ma che ora i due genitori sperano possa almeno salvare altri figli.

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