
La Corte di Cassazione ha definitivamente escluso ogni legame tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e Cosa nostra. I giudici hanno respinto il ricorso della procura generale di Palermo contro la decisione della Corte d’appello che aveva rigettato la richiesta di sorveglianza speciale e confisca dei beni nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia e dei suoi familiari. Una sentenza che chiude, in modo netto, una vicenda giudiziaria lunga decenni.
Secondo la Suprema Corte, non è mai stata provata alcuna attività di riciclaggio mafioso all’interno delle imprese berlusconiane, né nella fase iniziale di fondazione del gruppo, né nei decenni successivi. Inoltre, è stata bollata come “illogica e indimostrata” l’ipotesi secondo cui Berlusconi avrebbe versato denaro a Dell’Utri per ottenere il suo silenzio su presunti accordi con la mafia.

Il tribunale di Palermo, nella decisione ora confermata definitivamente, aveva già definito “semplicistica e infondata” la teoria secondo cui i rapporti economici tra i due avrebbero nascosto una strategia di omertà. Anzi, secondo i giudici, i flussi finanziari veicolati da Berlusconi a Dell’Utri erano espressione di un legame personale di amicizia e riconoscenza, evidenziato perfino nelle sue disposizioni testamentarie.
A fronte di questa sentenza, però, continua a fare notizia l’esistenza di altre indagini ancora aperte, in particolare quella della procura di Caltanissetta, che vede Dell’Utri indagato per concorso nella strage di Via D’Amelio. Un’indagine nata da una tesi controversa: che Cosa nostra avrebbe ucciso Paolo Borsellino perché il magistrato aveva parlato a una televisione francese dei presunti rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e l’ex stalliere Mangano.
Secondo alcuni osservatori, si tratta di un’inchiesta dal destino segnato, visto che i termini per le indagini sono scaduti nell’agosto 2024. Tuttavia, il fascicolo è ancora formalmente aperto, in attesa di una decisione da parte del procuratore Salvatore De Luca e dell’aggiunto Pasquale Pacifico, che da oltre un anno non hanno sciolto le riserve.
Paradossalmente, mentre i media danno ampio spazio a queste nuove ipotesi di indagine, passa in secondo piano la portata della decisione della Cassazione che ha smentito definitivamente il presunto intreccio tra mafia e Berlusconi, respingendo anche l’idea che i finanziamenti ricevuti da Dell’Utri fossero di origine illecita.
Resta nel limbo anche un altro procedimento ben più celebre, quello della procura di Firenze, che indaga Dell’Utri e il defunto Cavaliere come presunti mandanti esterni delle stragi mafiose del 1993-94. Un’inchiesta che, nonostante sia stata archiviata già tre volte, è stata riaperta nel 2017 e nuovamente nel 2022, senza però mai approdare a un rinvio a giudizio.
Anche in questo caso i termini delle indagini risultano formalmente scaduti da dicembre 2024, ma non è stato comunicato alcun esito ufficiale. Il fascicolo rimane aperto, tra continue riaperture e silenzi istituzionali, mentre i protagonisti restano nel mirino dell’opinione pubblica e di una parte della magistratura.
In attesa di un definitivo epilogo, le persone coinvolte si trovano in una sorta di limbo giudiziario-mediatico, sospese tra accuse mai provate e il trascinarsi di procedimenti che, per i giudici supremi, si basano più su congetture suggestive che su prove concrete.