
Giorgia Meloni ha presentato la nuova Legge di Bilancio come una manovra “seria”, del valore di 18,7 miliardi di euro, focalizzata su temi come famiglia, natalità, riduzione delle tasse, imprese e sanità. In conferenza stampa, accanto ai vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, la premier ha elencato le priorità della maggioranza, per poi lasciare il palco – come gli altri leader – al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, incaricato di rispondere a tutte le domande dei giornalisti.
Nonostante la presentazione pubblica, Giorgetti ha chiarito che la discussione è tutt’altro che chiusa: il testo è ancora in bozza e potrà essere modificato durante l’iter parlamentare. Al momento la legge conta 137 articoli, alcuni dei quali sembrano incontrare il favore della maggioranza, mentre altri sono già diventati terreno di scontro politico interno.
Tra le misure principali c’è la riduzione dell’Irpef dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28 e 50 mila euro, il rifinanziamento dell’assegno di inclusione, l’esonero contributivo per le assunzioni di giovani e donne, e lo stop all’aumento dell’età pensionabile per chi svolge lavori usuranti. A queste si aggiungono 2,5 miliardi in più per la sanità pubblica, il credito d’imposta per le imprese nelle Zes e un nuovo fondo per la ricerca.

Come ogni Legge di Bilancio, anche questa contiene misure molto diverse tra loro, spesso nate per accontentare le promesse elettorali dei partiti della coalizione. Il problema è che le risorse sono limitate: il rispetto dei vincoli di bilancio europei e la necessità di contenere la spesa pubblica rendono difficile soddisfare tutte le richieste, costringendo a fare scelte difficili e impopolari.
È il caso, ad esempio, della norma sugli affitti brevi, uno dei nodi più controversi della manovra. La bozza prevede l’aumento dell’aliquota della cedolare secca dal 21% al 26% per i contratti di locazione inferiori a 30 giorni. Una misura che, se approvata, avrà un impatto economico importante non solo sui proprietari di casa, ma anche su agenzie e piattaforme che gestiscono gli affitti brevi.
La reazione di Forza Italia è stata durissima. Il portavoce del partito, Raffaele Nevi, ha detto che l’aumento è stato letto per la prima volta nella bozza e che non era stato concordato. Tajani ha rincarato la dose: “Mai voteremo una proposta del genere”, ha detto, sottolineando che per il partito la casa è un valore fondamentale e non può essere penalizzata in questo modo.

Anche Salvini ha espresso perplessità, sottolineando che la misura andrà modificata in Parlamento. Secondo il leader della Lega, c’è una differenza tra i grandi gruppi con decine o centinaia di appartamenti e le famiglie che mettono in affitto una o due case per integrare il reddito. Queste ultime non vanno penalizzate, ma tutelate.
Ma se Lega e Forza Italia sono contrari, da dove arriva questa misura? Neppure Fratelli d’Italia sembra volerla difendere apertamente. Il senatore Paolo Marcheschi ha dichiarato che la tutela della proprietà privata e degli affitti brevi è sempre stata centrale per il partito. Tuttavia, ha anche riconosciuto che nelle grandi città, come Firenze, gli affitti brevi hanno stravolto il tessuto urbano, aumentando i prezzi e trasformando interi quartieri in zone esclusivamente turistiche.
Il vero problema, dunque, non è se intervenire o no sul tema degli affitti brevi, ma come farlo. L’obiettivo sarebbe colpire chi specula su larga scala senza danneggiare i piccoli proprietari. Ma trovare un equilibrio tra queste due esigenze si sta rivelando molto complicato, tanto da far scoppiare le prime tensioni nella maggioranza, proprio all’inizio del percorso parlamentare della legge più importante dell’anno.