
Ci sono storie che sembrano contenere tutto: la fragilità della vita, la forza dell’umanità e l’incredibile capacità della medicina di intervenire là dove il destino appare già segnato. Alcune esistenze cominciano tra le macerie, nella precarietà estrema di una terra lacerata dalla guerra. Eppure, anche tra le ombre più fitte, ci sono mani che tendono ponti, salvano vite, accolgono.
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Non è solo una storia clinica, né soltanto un fatto di cronaca. È il racconto di una neonata, di un’équipe medica, e di una rete di accoglienza che ha saputo trasformare un’urgenza disperata in un messaggio di possibilità. Un esempio di sanità pediatrica d’eccellenza e di solidarietà concreta, che ci ricorda quanto sia sottile — e prezioso — il confine tra ciò che sembra impossibile e ciò che diventa reale.
Operata al Meyer una neonata di Gaza: asportato raro tumore di 2 chili
La protagonista di questa vicenda è una bambina palestinese nata a Gaza, giunta in Italia con appena dieci giorni di vita alla fine di settembre. Nata prematura alla 33esima settimana di gestazione, è arrivata a Firenze in condizioni delicate, trasportando con sé non solo le fragilità di una nascita precoce, ma anche un raro tumore neonatale: un teratoma sacro-coccigeo, una patologia dalla frequenza stimata in 1 caso su 40-50mila nati.
Ad accoglierla e prenderla in cura è stato il team dell’Ospedale pediatrico Meyer del capoluogo toscano, che ha programmato e condotto un intervento chirurgico straordinariamente complesso, coordinato dal dottor Enrico Ciardini. La massa tumorale si trovava alla base della colonna vertebrale e, al momento dell’operazione, pesava quasi due chili: una dimensione eccezionale, soprattutto se confrontata con il peso della neonata, che era di appena 4,3 kg prima dell’intervento.

Un intervento delicato e una speranza accesa
L’intervento ha richiesto circa due ore e mezza in sala operatoria e una precisione estrema. Al termine dell’operazione, il peso della bambina si era ridotto a 1,5 kg. Una perdita che racconta molto più di un semplice dato: descrive la portata della sfida clinica affrontata dall’équipe del Meyer, che ha dovuto bilanciare tempismo, accuratezza chirurgica e cura post-operatoria per garantire la sopravvivenza e la qualità della vita della piccola paziente.
“Si trattava di un tumore raro, ancor più raro per le sue dimensioni, che pesava quasi tre volte la bambina stessa“, ha spiegato il dottor Ciardini. “Un intervento del genere, in una paziente così fragile, richiede competenze altamente specializzate, ma soprattutto una visione d’insieme che unisce chirurgia, neonatologia e terapia intensiva”.
Il decorso post-operatorio e il lento ritorno alla normalità
A distanza di alcune settimane, oggi la neonata ha 28 giorni di vita e continua a migliorare. È ricoverata presso la Terapia Intensiva Neonatale del Meyer, dove viene seguita costantemente dall’équipe guidata dal dottor Marco Moroni. Il medico conferma i progressi clinici della piccola, che ha superato anche un concomitante stato infettivo all’arrivo in Italia. “La ferita chirurgica era inevitabilmente importante, ma si sta rimarginando bene”, ha raccontato Moroni. “Siamo cautamente ottimisti: sappiamo che il percorso sarà lungo, ma al momento possiamo dire che sta andando nella giusta direzione“.
L’arrivo in Italia e l’accoglienza al Meyer
La neonata e la sua famiglia sono giunti in Italia nella notte tra il 29 e il 30 settembre, grazie a un programma di assistenza umanitaria promosso dal governo italiano, in collaborazione con la Cross (Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario) e la Prefettura di Firenze. Al loro arrivo, sono stati accolti in una delle strutture collegate al Meyer, con il supporto della rete di assistenza attivata per l’emergenza sanitaria.
A seguire il loro percorso non sono stati solo medici e infermieri. Gli operatori del servizio sociale dell’ospedale, insieme a mediatori culturali e linguistici messi a disposizione dalla Fondazione Meyer, hanno svolto un ruolo fondamentale nel creare un contesto di cura umano e rispettoso, indispensabile in situazioni in cui le barriere linguistiche e culturali possono diventare ostacoli alla comprensione e al supporto.

Dalla guerra alla speranza: la lezione di una storia silenziosa
Questa storia parla a bassa voce, ma arriva lontano. Parla della capacità di un sistema sanitario di farsi carico della fragilità altrui, anche quando arriva da molto lontano. Parla di cooperazione internazionale, di accoglienza, e di come anche la medicina possa essere una forma concreta di diplomazia umana.
Il teratoma sacro-coccigeo che minacciava la vita della neonata palestinese è stato rimosso con successo, ma ciò che rimane è un messaggio molto più profondo: curare è anche costruire ponti, abbattere confini, riconoscere l’altro nella sua dignità più elementare. E se il futuro di questa bambina oggi può tornare a essere scritto, lo si deve anche alla scelta collettiva di non restare indifferenti.