
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel contesto della replica successiva al dibattito sulle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio Europeo, ha offerto una riflessione tagliente e profondamente critica sull’atteggiamento politico e l’approccio alla libertà di stampa da parte del Movimento 5 Stelle. Il suo intervento ha toccato nervi scoperti del dibattito pubblico italiano, mettendo in discussione la coerenza e l’obiettività di certe mobilitazioni e denunce.
Meloni ha espresso con chiarezza la sua riluttanza a cadere in polemiche sterili, affermando: “Non voglio tornare a Grillo“, ma ha immediatamente utilizzato l’azione contemporanea del Movimento 5 Stelle, che scendeva in piazza, in contrasto con le sue azioni passate, quando “stilava le liste di proscrizione dei giornalisti che non piacevano“. Questa giustapposizione non è stata casuale, ma è servita a porre una domanda fondamentale: è possibile trarre una lezione politica da una forza che manifesta oggi per principi che, apparentemente, ha in passato violato o ignorato?
La libertà di stampa: una questione di equilibrio e obiettività
Il cuore del discorso della presidente Meloni si è concentrato sulla libertà di stampa, un tema che ha definito “molto serio“. Tuttavia, la sua analisi è andata oltre la mera affermazione di principio. Meloni ha sottolineato la necessità che la discussione su questo argomento cruciale venga affrontata “con equilibrio ed obiettività“, evidenziando subito dopo la sua percezione che questi elementi sembrino mancare “da parte di alcuni“. Per dimostrare la serietà con cui lei e il suo governo considerano la questione, ha ricordato di aver “espresso personalmente la solidarietà ad Enrico Ranucci” e ha ribadito tale vicinanza “in quest’Aula“.
Questo gesto è servito a legittimare la sua posizione, distinguendo la solidarietà istituzionale verso un professionista minacciato dalla critica politica verso chi, a suo avviso, utilizza la libertà di stampa come strumento di parte o a intermittenza. La Meloni ha insinuato che l’indignazione e la mobilitazione di alcune forze politiche non siano sempre universali e coerenti, ma piuttosto selettive, in funzione del bersaglio e del tornaconto politico del momento.
Coerenza e selettività nelle mobilitazioni
Per sostenere la sua tesi sulla mancanza di equilibrio e obiettività, la presidente Meloni ha fornito una serie di esempi storici e politici, citando episodi che, a suo dire, non hanno generato la stessa ondata di sdegno e mobilitazione che si registra in altre occasioni. La Meloni ha rimarcato con forza: “Non ricordo mobilitazioni” in contesti altrettanto gravi, se non peggiori. In particolare, ha citato il caso di Maurizio Sallusti, ricordando quando “è stato arrestato in redazione“, un evento di portata istituzionale e democratica non indifferente.
Ha poi esteso la critica a situazioni che hanno coinvolto minacce personali e professionali contro giornalisti apertamente critici verso certe forze politiche, menzionando specificamente “Cerno o Capezzone” e le “minacce di morte” da loro ricevute. Questi riferimenti non sono stati casuali; hanno mirato a evidenziare una presunta disparità di trattamento mediatico e politico tra le vittime, suggerendo che il livello di indignazione pubblica e l’attivismo politico siano direttamente correlati alla vicinanza ideologica o alla convenienza politica del momento.
Il ruolo controverso del M5s nel dibattito sulla stampa
L’affondo più diretto del discorso è arrivato, tuttavia, quando Meloni ha tirato in ballo un evento specifico e circoscritto, che coinvolgeva direttamente il Movimento 5 Stelle e l’esclusione di un giornalista da un evento sulla libertà di stampa. “nemmeno quando Cerno è stato escluso da una audizione sulla libertà di stampa al parlamento europeo organizzato dal Movimento 5 Stelle” è stata la chiosa, un dettaglio che, nel contesto, assume un peso simbolico notevole.
Questo episodio, secondo la lettura offerta dalla presidente, rappresenta la massima contraddizione nel comportamento del M5S: organizzare un’audizione per difendere la libertà di stampa e, al contempo, escludere un professionista non gradito, esercitando di fatto una forma di censura selettiva. Questo dettaglio è fondamentale per l’argomentazione della Meloni, poiché mette in luce la presunta ipocrisia di fondo e la doppia morale che, a suo giudizio, hanno caratterizzato l’approccio di alcune forze politiche, e in particolare del M5S, nei confronti del giornalismo e della sua indipendenza. In sintesi, la presidente ha invitato a una riflessione più profonda, chiedendo che la libertà di stampa venga difesa sempre e per tutti, al di là della convenienza di parte, per evitare che diventi solo uno slogan politico sventolato a piacimento.