
La scelta di Gennaro Sangiuliano di candidarsi alle elezioni regionali in Campania come capolista di Fratelli d’Italia ha scatenato un’ondata di polemiche che coinvolge il mondo della politica e quello del servizio pubblico. Dopo settimane di indiscrezioni, l’ex ministro della Cultura ha annunciato ufficialmente il suo ritorno sulla scena elettorale, non senza strascichi. E ora, sull’asse tra Rai, Parigi e Napoli, si consuma uno scontro sulla credibilità dell’informazione pubblica.
Leggi anche: “Mi candido con Giorgia Meloni”. Regionali, colpo di scena: scende in campo il big
Sangiuliano: “Voglio tornare dai miei concittadini”
L’ex ministro ha rivelato la propria decisione in un’intervista al Corriere della Sera, spiegando di voler riprendere il filo con la sua terra: “Sono napoletano, nato nel centro storico, quartiere San Lorenzo. Qui ho fatto tutte le scuole, l’università e il dottorato in Diritto”. Una scelta che, come lui stesso ha dichiarato, “ha iniziato a prendere forma la scorsa primavera”, quando ne parlò con figure di spicco di Fratelli d’Italia come Giovanni Donzelli, Ignazio La Russa e Arianna Meloni, oltre che con il candidato governatore del centrodestra in Campania, Edmondo Cirielli.
L’annuncio segna quindi un ritorno in politica per Sangiuliano, che dopo aver lasciato il dicastero della Cultura era stato nominato corrispondente Rai da Parigi. Una nomina che oggi viene messa sotto accusa.

Usigrai attacca: “La Rai usata come un tram”
Durissima la reazione dell’esecutivo Usigrai, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, che parla di una vera e propria strumentalizzazione dell’azienda pubblica: “Dopo aver giocato per settimane a nascondino, Sangiuliano ha annunciato il suo ritorno in politica. Ma in gioco non c’era solo la legittima scelta di candidarsi, bensì la credibilità della Rai, usata da Sangiuliano come un tram per arrivare a destinazione”.
L’attacco non si ferma qui. Usigrai ricorda che la nomina a Parigi sarebbe avvenuta proprio nella fase in cui l’ex ministro maturava l’idea di candidarsi, e si chiede se i vertici Rai ne fossero al corrente: “Concedergli un incarico così prestigioso ha significato offrirgli una vetrina personale. Avevamo già espresso perplessità su questa scelta e oggi, purtroppo, troviamo conferma dei nostri timori”.
Il nodo della credibilità del servizio pubblico
Il caso ha riacceso la discussione sull’indipendenza della Rai e sul suo ruolo come servizio pubblico. “La credibilità del servizio pubblico è arrivata al capolinea”, conclude la nota di Usigrai. Un’affermazione pesante che mette in discussione non solo la singola nomina ma anche il modello di governance della televisione pubblica, troppo spesso accusata di essere permeabile alle logiche di partito.
Il fatto che Sangiuliano, ancora formalmente giornalista Rai, possa candidarsi in una posizione così rilevante per un partito di governo, rappresenta per molti un conflitto d’interessi, oltre che un precedente potenzialmente pericoloso.

La replica di Sangiuliano: “La politica è un diritto costituzionale”
Dal canto suo, Gennaro Sangiuliano non ha evitato il confronto e ha risposto con fermezza: “Sono pronto a difendermi? Mi sono già difeso citando l’articolo 51 della Costituzione: la partecipazione alla vita politica è un diritto democratico”.
Poi il richiamo ai precedenti illustri: “In Rai ci sono stati molti colleghi che hanno fatto politica: Badaloni, Marrazzo, Giulietti, Ravaglioli, genero di Andreotti… tutte persone di valore. Forse perché sono di destra io non dovrei avere questo diritto? Ma non voglio fare polemica: ci sono le leggi, e si applicano”.
Una risposta che punta a smontare l’accusa di uso improprio della Rai, e a legittimare la propria discesa in campo come diritto individuale, al pari di quanto accaduto ad altri giornalisti Rai in passato.
Un passaggio delicato tra informazione e politica
Il caso Sangiuliano riporta l’attenzione su una questione annosa: dove finisce il ruolo del giornalista del servizio pubblico e dove inizia quello del candidato politico? Il confine appare sempre più sfumato, soprattutto in un contesto in cui i tempi di transizione tra incarichi editoriali e politici si accorciano.
Se da un lato è vero che la Costituzione garantisce a ogni cittadino il diritto di partecipare alla vita politica, dall’altro è inevitabile chiedersi quale sia il prezzo che la Rai, e con essa il pubblico che la finanzia, paga in termini di fiducia, neutralità e trasparenza.
La corsa in Campania e le conseguenze sul sistema Rai
Nel frattempo, Fratelli d’Italia ottiene un nome di peso per guidare la lista in una regione chiave come la Campania, dove il centrodestra vuole riconquistare terreno dopo anni di amministrazione di centrosinistra. Ma l’effetto collaterale di questa candidatura rischia di essere una nuova ondata di delegittimazione dell’azienda pubblica, sempre più vista come terreno di conquista piuttosto che come istituzione indipendente.
Il rischio, ora, è che anche le prossime nomine – giornalistiche o dirigenziali – vengano lette attraverso una lente politica, alimentando ulteriore sfiducia nei confronti di una Rai già sotto pressione.
Una vicenda che riapre il dibattito sull’etica pubblica
La candidatura di Sangiuliano rappresenta un bivio etico: da un lato, il diritto individuale a candidarsi e partecipare alla vita politica; dall’altro, il dovere collettivo di preservare la credibilità delle istituzioni pubbliche e, in particolare, del servizio di informazione più influente del Paese.
Un equilibrio che, ancora una volta, si rivela fragile. E che pone domande su regole, trasparenza e opportunità, che vanno ben oltre una singola campagna elettorale.