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Medio Oriente, perché Trump dopo Doha e Gaza dovrebbe fare un passo indietro

Pubblicato: 22/10/2025 18:07

Per suggellare il recente accordo di pace per Gaza, il presidente Donald Trump ha invitato gli stati arabi a trovare un nuovo compromesso con Israele. Nonostante le promesse iniziali, la versione finale dell’intesa prevede un linguaggio più blando riguardo al futuro stato palestinese e solo un ritiro parziale delle truppe israeliane dalla Striscia.
La tensione è rimasta alta dopo il missile israeliano su Doha, episodio che ha scosso gli stati arabi e messo Trump in una posizione delicata. Il presidente, già sotto pressione, ha cercato di rassicurare i partner del Golfo offrendo al Qatar una garanzia formale di sicurezza, un passo senza precedenti per un presidente degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Medio Oriente, da Trump nuove promesse in vista?

L’Arabia Saudita punta ora a ottenere un accordo di sicurezza bilaterale con Washington, ma nuovi impegni rischiano di tradursi in costi elevati per gli interessi strategici americani. Secondo diversi analisti, l’obiettivo principale di Trump dovrebbe essere contenere l’aggressività israeliana e spingere gli stati arabi ad assumersi una quota maggiore della propria sicurezza, piuttosto che ampliare la presenza militare statunitense nella regione. Gli Stati Uniti, infatti, hanno una lunga storia di nuovi impegni in Medio Oriente ogni volta che cercano di preservare o espandere la stabilità regionale.

Dall’esperienza degli Accordi di Abramo al presente

Con gli Accordi di Abramo del 2020 Washington ha offerto armi avanzate, riconoscimenti politici e sostegno economico per favorire la normalizzazione dei rapporti tra Israele e diversi paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco. Tali concessioni hanno certamente incentivato la cooperazione regionale, ma anche aumentato il peso strategico degli Stati Uniti in un’area la cui importanza geopolitica per Washington è in declino.

Oggi, con oltre 50.000 soldati ancora stanziati in Medio Oriente, gli USA restano sovraesposti in una regione dove le due principali ragioni storiche del loro impegno – petrolio e terrorismo – non rappresentano più minacce decisive. Gli Stati Uniti sono ora esportatori netti di petrolio, mentre l’ISIS e al-Qaeda risultano fortemente indeboliti. La gestione delle residue minacce terroristiche può essere affidata a attori locali, riducendo la necessità di un coinvolgimento militare diretto.

L’errore di una nuova espansione degli impegni

Washington rischia di concedere troppo per placare le tensioni sorte dopo Gaza e Doha. Tentare una soluzione “trasformativa” per il Medio Oriente, come sembra ambire Trump, significherebbe ripetere errori già commessi.
Anche il presidente Joe Biden aveva valutato una garanzia di sicurezza in stile NATO per l’Arabia Saudita, nel tentativo di includere Riad negli Accordi di Abramo. Quell’impegno non fu mai formalizzato, ma rappresenta un precedente chiaro: offrire protezione militare per ottenere cooperazione politica. Trump ora sembra seguire lo stesso schema con il Qatar.

Medio Oriente, fare meno per ottenere di più

La strategia di Trump di ridurre la presenza militare in Medio Oriente per concentrare l’attenzione sull’Asia e l’emisfero occidentale resta valida. Nuovi impegni militari andrebbero nella direzione opposta, vincolando forze e risorse in un’area di interesse secondario. Al contrario, stabilire limiti chiari alle garanzie offerte al Qatar e ad altri partner arabi rafforzerebbe la posizione americana e potrebbe persino favorire la stabilità regionale.

Esempi recenti dimostrano che il disimpegno americano ha avuto effetti positivi: la mancata difesa diretta dell’Arabia Saudita dopo l’attacco Houthi del 2019 ha spinto Riad a ridimensionare il proprio intervento militare in Yemen, aprendo la strada a una tregua.

Meno impegni, più equilibrio

Trump dovrebbe mantenere pressione diplomatica su Israele per moderarne le azioni e promuovere un equilibrio regionale senza nuovi accordi di difesa o concessioni economiche.
Negli ultimi anni, la moderazione imposta a Tel Aviv ha contribuito più di qualsiasi altra iniziativa a ridurre le tensioni. Continuare su questa strada potrebbe essere la chiave per stabilizzare il Medio Oriente senza aumentare i rischi per gli Stati Uniti.
In conclusione, l’obiettivo di ordine e stabilità regionale tanto auspicato da Trump può essere raggiunto facendo di meno, non di più. In Medio Oriente, un passo indietro da parte di Washington può rivelarsi la strategia più efficace.

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