
Una serata allo stadio per godersi la partita tra Roma e Inter si è trasformata in un episodio tanto spiacevole quanto surreale per Giovanni Floris, noto giornalista e conduttore televisivo. Ospite del programma radiofonico Un Giorno da Pecora su Radio RaiUno, Floris ha raccontato con tono pacato ma visibilmente infastidito quanto gli è accaduto durante il match disputato allo stadio Olimpico.
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Il racconto ha suscitato sconcerto e disgusto, facendo emergere una questione troppo spesso sottovalutata negli impianti sportivi italiani: quella del consumo eccessivo di alcol sugli spalti e delle conseguenze che ne derivano in termini di decoro, sicurezza e convivenza civile.
Il racconto in diretta: “Una cosa disgustosa”
A rivelare l’episodio è stato lo stesso Giovanni Floris, durante l’intervista condotta da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro. Con tono misurato ma visibilmente provato, il conduttore di DiMartedì ha ricostruito quanto accaduto: «Sabato sera ero allo stadio per Roma–Inter. Dietro di noi c’era un signore il quale aveva bevuto talmente tanto che ci ha vomitato addosso, una cosa disgustosa…».
Una frase che ha lasciato senza parole gli ascoltatori e i conduttori in studio. Floris non ha nascosto il suo disgusto, definendo l’accaduto “una delle esperienze peggiori” mai vissute in uno stadio. Una testimonianza diretta che solleva interrogativi sulla gestione dell’ordine pubblico negli stadi e sulla reale efficacia dei controlli all’ingresso e durante le partite.

Il problema del consumo di alcol negli stadi
L’episodio sollevato da Floris ha riportato sotto i riflettori il tema mai risolto del consumo di alcol nei luoghi pubblici, in particolare negli stadi italiani. Se da un lato esistono regolamenti che limitano la vendita di bevande alcoliche all’interno degli impianti, dall’altro i controlli appaiono spesso inefficaci. La presenza di tifosi alterati durante gli incontri è tutt’altro che rara e, come dimostrato da questo caso, può sfociare in comportamenti non solo incivili, ma anche dannosi per chi assiste alla partita in modo pacifico.
Il caso di Giovanni Floris è emblematico: un professionista, una persona comune tra i tanti spettatori, che si ritrova vittima di un gesto volgare e indecoroso, senza alcuna responsabilità. Nessuna misura preventiva ha impedito che un uomo, evidentemente ubriaco, potesse trovarsi a pochi centimetri da altri tifosi in uno stato incompatibile con la fruizione dell’evento sportivo.
Dalla passione per la Roma al patentino Uefa
Nel corso dell’intervista, Floris ha anche parlato della sua passione per il calcio e, in particolare, per la Roma, squadra del cuore. Un amore che lo ha portato a conseguire il patentino Uefa B, dopo aver frequentato il corso di Coverciano riservato agli aspiranti allenatori. Un traguardo raggiunto con impegno e dedizione, che dimostra quanto il giornalista non si limiti a parlare di calcio da spettatore, ma lo viva anche dal punto di vista tecnico e formativo.
Tuttavia, l’episodio vissuto sabato sera rappresenta un duro colpo anche per la sua esperienza da tifoso. «Non è stato certo un bel ricordo», ha commentato, aggiungendo che certi episodi «non dovrebbero accadere» in un luogo che dovrebbe essere di condivisione e passione sportiva, non teatro di degrado.

Floris e le parole sull’attentato a Ranucci
Nel corso della trasmissione, Floris ha anche espresso il suo pensiero sull’attentato contro Sigfrido Ranucci, collega e conduttore di Report, definendolo un fatto «terribile, di altri tempi». Ha sottolineato la necessità di capire come si sia potuti arrivare a questo punto, in un clima che vede i giornalisti sempre più esposti a minacce, attacchi personali e pressioni.
Un passaggio che ben si collega al clima generale di intolleranza e aggressività che sembra permeare non solo l’ambiente della stampa, ma anche quello sportivo. L’episodio allo stadio, in fondo, è figlio della stessa mancanza di rispetto per l’altro.
Un appello al rispetto e alla responsabilità
Il racconto di Giovanni Floris è, in definitiva, un grido di allarme. Non solo per ciò che gli è accaduto, ma per ciò che questo tipo di episodi rappresentano in termini più ampi. Serve maggiore educazione civica, maggiore sorveglianza, ma soprattutto una cultura del rispetto reciproco che sembra mancare troppo spesso in spazi pubblici, compresi quelli dello sport.
La denuncia pubblica del giornalista non è un gesto isolato o provocatorio, ma un’occasione per riflettere su ciò che davvero dovrebbe significare vivere un evento sportivo: passione, emozione, comunità, non inciviltà, violenza o degrado. Se un uomo come Floris, noto e rispettato, può finire vittima di un tale gesto, cosa accade ogni settimana agli spettatori comuni? Un fatto sgradevole, certo. Ma che forse, proprio per questo, dovrebbe spingere tutti – tifosi, club, istituzioni e forze dell’ordine – a non abbassare lo sguardo.