
In una calda notte d’estate, in una campagna silenziosa vicino Firenze, una coppia di giovani innamorati è appartata in auto. Improvvisamente, dal buio emerge una figura letale. Spara, colpisce, agisce con ferocia e precisione. È questo l’orrore che per quasi vent’anni ha tormentato la Toscana: il ritorno del Mostro di Firenze, un assassino senza volto che ha lasciato una scia di sangue, paura e misteri mai risolti. Otto duplici omicidi, dal 1968 al 1985, con sedici vittime uccise in circostanze simili: coppie sorprese nella loro intimità, eliminate con una pistola calibro .22 e, in alcuni casi, sottoposte a mutilazioni agghiaccianti.
Il primo delitto risale al 1968, ma solo molti anni dopo venne collegato agli altri. Dal 1974 al 1985, il copione si ripete, sempre nei dintorni di Firenze. Le vittime erano spesso giovani turisti, colti nel sonno o nella quiete dei loro momenti privati. L’assassino colpiva con metodica brutalità: prima sparava, poi si avvicinava ai corpi per infierire, in alcuni casi con atti rituali. Questa costanza nelle modalità spinse gli investigatori a definire il Mostro un serial killer.

Le indagini, però, non hanno mai portato a una verità certa. Il caso più noto resta quello dei “compagni di merende”, un gruppo di uomini toscani, tra cui Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Pacciani fu condannato in primo grado, assolto in appello, poi morì prima del nuovo processo. Vanni e Lotti vennero invece condannati. Tuttavia, l’intero impianto accusatorio fu sempre accompagnato da forti dubbi, lacune e contraddizioni. Pacciani, uomo dal passato violento, aveva anche un lato inatteso: scriveva poesie, e ne recitò una in aula, cercando forse di mostrare la propria umanità.
Il momento fu surreale:
“Se ni’ mondo esistesse un po’ di bene
e ognun si considerasse suo fratello,
ci sarebbe meno pensieri e meno pene
e il mondo ne sarebbe assai più bello.”
Ma i giudici non si lasciarono intenerire: «Bravo, ma lei è imputato di sedici omicidi».
A quasi quarant’anni dall’ultimo delitto, il caso potrebbe riaprirsi grazie a nuove prove emerse tra il 2024 e il 2025. Una svolta importante è arrivata con la scoperta di un DNA sconosciuto su un proiettile del delitto di Scopeti (1985), dove morirono due turisti francesi. Il profilo genetico, analizzato da un team guidato dal professor Lorenzo Iovino, è compatibile con altri bossoli riconducibili alla stessa arma, ma non corrisponde a nessuno degli imputati noti. Potrebbe appartenere al vero Mostro o a un complice mai scoperto.

A questa novità si aggiunge la riesumazione dei resti di Francesco Vinci, un sospettato della cosiddetta “pista sarda”, arrestato negli anni Ottanta ma poi scagionato da un delitto avvenuto mentre era in carcere. Vinci morì nel 1993 in circostanze misteriose. Ora il suo profilo genetico sarà confrontato con le tracce più recenti. Anche se potrebbe rivelarsi un nuovo vicolo cieco, la speranza è che serva a chiarire uno degli snodi più controversi dell’inchiesta.
Intanto, gli avvocati di Vanni hanno chiesto la revisione della condanna sulla base di una recente perizia entomologica, secondo cui l’ora della morte di una coppia non coinciderebbe con la sua presenza sul luogo del crimine. La Procura ha respinto la richiesta, ritenendola inammissibile, ma i legali insistono: tra tracce ignorate e analisi mai fatte, chiedono la riapertura dell’intera inchiesta.
Le teorie alternative abbondano. Alcuni parlano di un killer solitario, altri credono in un gruppo organizzato, forse legato a riti esoterici o ambienti deviati. Secondo alcune ipotesi, i “compagni di merende” sarebbero stati manovrati da menti superiori, rimaste nell’ombra. C’è anche chi sospetta depistaggi o insabbiamenti che avrebbero compromesso la scoperta della verità.
Oggi, il Mostro di Firenze resta un enigma. Non esiste un colpevole certo, né una versione definitiva dei fatti. Eppure, con i progressi della scienza forense, qualcosa si muove. La riapertura ufficiale del caso non è ancora avvenuta, ma il clima è cambiato. Le famiglie delle vittime chiedono risposte, i consulenti parlano di piste concrete. Forse, dopo tanti anni, il silenzio calato sulle colline toscane potrebbe spezzarsi. E forse, stavolta, la verità non potrà più nascondersi.