
Un altro martedì sera, un’altra apertura satirica che lascia il segno. Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, volti consolidati della copertina comica di DiMartedì su La7, accendono i riflettori su uno degli episodi più discussi degli ultimi giorni: l’uscita infelice del leader della Cgil, Maurizio Landini, che aveva definito la presidente del Consiglio Giorgia Meloni una “cortigiana”. Un termine che ha suscitato reazioni immediate, condanne trasversali e un’onda lunga di polemiche.
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I due comici, con la loro consueta ironia graffiante, non si limitano a una battuta, ma mettono in scena un vero e proprio processo satirico, coinvolgendo anche Giovanni Floris, conduttore della trasmissione, che quella sera non aveva preso le distanze in modo netto dalle parole di Landini. Il risultato è un siparietto brillante quanto velenoso, che fa ridere ma anche riflettere.
La frase al centro della bufera
“Mentre Trump dava fuoco a tutte le femministe del mondo, in Italia ci ha pensato lui, Maurizio Landini”, esordisce Paolo Kessisoglu, con una battuta che affonda subito nel vivo del dibattito. Alle sue spalle, l’immagine del sindacalista fa da sfondo a un sarcasmo tagliente. Il riferimento, ovviamente, è all’offesa pronunciata pubblicamente da Landini nei confronti di Meloni, giudicata da molti non solo sessista, ma anche inaccettabile nel contesto di un confronto democratico.

Luca Bizzarri rincara la dose con il suo consueto stile teatrale, ironizzando sul silenzio che ha seguito la frase: “Chi gliel’ha fatta dire questa cag*a?**”. Un modo per evidenziare come spesso dichiarazioni pesanti passino senza un’adeguata assunzione di responsabilità. Con tono esasperato, chiede: “Fuori i nomi, chi è il colpevole? Chi è che ha permesso che accadesse?”. Il pubblico ride, ma dietro il sarcasmo si percepisce il fastidio per un linguaggio politico che rischia di oltrepassare i limiti del confronto civile.
Il ruolo di Giovanni Floris e la satira che punge
Al centro della critica velata, anche Giovanni Floris, conduttore della trasmissione, “reo” di non aver reagito con prontezza all’insulto di Landini. Se da un lato lo show si presta al gioco comico, dall’altro mette in discussione il ruolo del giornalismo televisivo nel garantire un dibattito pubblico rispettoso. Kessisoglu, con finta sorpresa, ammette: “Eh noi l’abbiamo detto…”, mentre Bizzarri cambia immediatamente tono e parte con una sviolinata ironica in piena regola.
“Sai che è giusto che la pluralità di idee abbia diritto di cittadinanza ovunque, bravo Floris che ha permesso di esprimere un concetto originale, sia pur non condivisibile… Viva Floris, viva Urbano Cairo!”. Il finale è una parodia dell’entusiasmo televisivo, condito da un improbabile grido da stadio: “To-ro, To-ro, To-ro!”. Un crescendo comico che ridicolizza tanto l’insulto quanto la mancata reazione.
Un caso che va oltre la satira
La vicenda riaccende il dibattito sui limiti del linguaggio politico e sull’opportunità, per chi ha un ruolo pubblico, di pesare le parole. Quando si usano toni eccessivi, a rimetterci non è solo l’avversario politico, ma anche la credibilità di chi parla e la qualità del confronto democratico. È su questo piano che la satira di Bizzarri e Kessisoglu risulta più efficace: non si limita a strappare una risata, ma mette a nudo le contraddizioni di un sistema in cui, spesso, la volgarità viene normalizzata, e le responsabilità scivolano via in un sorriso imbarazzato.
L’ironia su Maurizio Landini, dunque, non colpisce solo lui. Il bersaglio più ampio è un certo modo di fare politica e informazione, dove il limite tra critica e insulto viene troppo spesso ignorato. E dove anche chi dovrebbe intervenire, talvolta, preferisce lasciare correre. DiMartedì, con la sua apertura satirica, offre così una lettura laterale ma incisiva della realtà: pungente, disillusa e profondamente centrata. In un clima politico sempre più avvelenato, lo spazio della satira intelligente resta uno dei pochi ambiti in cui la verità può ancora essere detta, anche se nascosta dietro una risata.