Vai al contenuto

“Sinner? Vi dico io chi è!”. Il doppio insulto di Corrado Augias al campione

Pubblicato: 22/10/2025 12:18
Sinner insulto Corrado Augias

Il forfait di Jannik Sinner alla Coppa Davis continua ad accendere il dibattito pubblico, non solo tra gli appassionati di tennis ma anche tra gli osservatori del costume e della cultura italiana. Questa volta a intervenire con toni duri è stato Corrado Augias, nella rubrica “Posta e risposta” curata da Michele Serra e Francesco Merlo su Repubblica, dove ha definito il campione altoatesino un “italiano dimezzato”, rincarando la dose rispetto a un precedente giudizio che già lo etichettava come “italiano riluttante”.
Leggi anche: “Sinner? Ecco perché gli italiani non devono tifare per lui!”. Vespa fuori controllo: cosa ha detto

Una posizione che ha scatenato riflessioni, controrepliche e nuove analisi su cosa significhi oggi rappresentare l’Italia, soprattutto nel mondo dello sport professionistico, dove l’equilibrio tra impegno patriottico e carriera individuale si fa sempre più sottile.

La critica di Augias: “Italiano dimezzato, come il visconte”

Nel suo intervento, Augias ricorda una precedente riflessione in cui già aveva espresso dubbi sulla “piena italianità” di Sinner, nonostante ne avesse riconosciuto le indiscusse qualità tecniche e umane: “Una gentilezza in campo e ai margini del campo, rara in quello sport dove abbondano i tipi maleducati o collerici”, scrive. Tuttavia, per il noto intellettuale, la rinuncia alla Coppa Davis confermerebbe una certa distanza tra Sinner e il senso di appartenenza nazionale: “Se non piace ‘italiano riluttante’, diciamo ‘italiano dimezzato’, come il celebre visconte”, facendo riferimento al protagonista del romanzo di Italo Calvino Il visconte dimezzato.

Una metafora forte, quella scelta da Augias, che sottolinea l’idea di una identità incompleta, sacrificata – secondo lui – in nome del denaro e degli obiettivi personali. La Coppa Davis, infatti, è l’unico torneo nel quale si compete non per se stessi ma per il proprio Paese, e rinunciare a un simile appuntamento – sostiene Augias – è un segnale eloquente sul tipo di priorità che guida l’atleta.

La risposta di Merlo: “Più italiano di quanto pensi”

Alla provocazione di Augias ha risposto direttamente Francesco Merlo, penna storica di Repubblica, che ha accolto l’analisi ma con una punta di ironia e disaccordo. “Con la tua geniale arguzia – scrive – hai aggiunto all’italiano e all’antitaliano la categoria del mezzo italiano, che però misura Sinner come una mezza porzione e non come una mezza calzetta”.

Merlo spinge la riflessione oltre, suggerendo che il comportamento di Sinner, anziché allontanarlo dall’italianità, potrebbe paradossalmente renderlo più italiano di quanto sembri. “Se per italianità si intende il carattere italiano, magari la mancanza di carattere – ironizza – il Sinner che antepone i soldi alla bandiera e la regione alla nazione è molto più italiano di noi che, con una prova d’amore, sceglieremmo la poco pagata Coppa Davis”.

Una risposta amara, forse, ma lucida nel mettere in luce una contraddizione nazionale: quella di pretendere dagli altri un patriottismo disinteressato, mentre spesso si giustificano o si accettano scelte opportunistiche in altri ambiti della vita pubblica.

La mamma come patria: “Italiano e mezzo”

L’affondo di Merlo si chiude con un riferimento personale, che ribalta completamente la prospettiva: “Se, come sembra, la mamma è la sua patria, allora Sinner è un italiano e mezzo”. La frase, oltre a essere un colpo di teatro retorico, racchiude anche un elemento affettivo e culturale. Per Jannik Sinner, la madre Siglinde, figura da sempre molto vicina nella sua crescita, è un riferimento fondamentale. E se l’identità nazionale passa anche per i legami personali, per le radici familiari, allora l’accusa di essere un “mezzo italiano” perde forza e si ribalta.

Un dibattito che supera il tennis

Al centro della discussione non c’è solo una partita saltata. C’è il confronto tra due visioni dell’identità nazionale: una che si misura sul campo della rappresentanza simbolica, e l’altra che accetta la complessità della contemporaneità, dove le scelte personali e professionali si intrecciano a una rete globale di interessi, logiche sportive, calendari affollati e priorità.

Jannik Sinner, classe 2001, è figlio di una generazione diversa, cresciuta in un’Italia multilingue, europea, che comunica in inglese, si allena in giro per il mondo, e che forse sente la bandiera più come affetto privato che come dovere pubblico. Una normalizzazione dell’identità fluida, che può sembrare fastidiosa a chi ha una visione più novecentesca del ruolo dell’atleta nazionale.

Una questione aperta

Alla fine, ciò che resta è un dibattito aperto e profondamente italiano. Sinner ha preferito rinunciare alla Coppa Davis per concentrarsi su una stagione lunga e logorante, in cui ha già regalato trionfi, emozioni e orgoglio al Paese, portando in alto la bandiera tricolore nei tornei più prestigiosi del mondo.

Ma per alcuni, questo non basta. Vogliono il gesto simbolico, la presenza nella squadra, l’impegno collettivo, l’adesione a un ideale. In un’epoca in cui anche l’identità nazionale è soggetta a ridefinizioni, la discussione su cosa significhi essere italiani si sposta anche su un campo da tennis.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure