
Un’altra tragedia del mare scuote il Mediterraneo. Circa quaranta migranti originari dell’Africa subsahariana, tra cui alcuni neonati, hanno perso la vita in un naufragio avvenuto nelle acque al largo di Salakta, una località costiera situata nel governatorato di Mahdia, in Tunisia. A dare la notizia è stato Walid Chatrbi, portavoce del tribunale di Mahdia, ai microfoni di una radio locale, spiegando che altre 30 persone sono state tratte in salvo grazie all’intervento tempestivo della guardia costiera tunisina.

Un’imbarcazione fragile e sovraccarica
Secondo le prime ricostruzioni, il gruppo di migranti era partito su una barca di ferro poco resistente, progettata per brevi tragitti ma mai adatta ad affrontare le insidie del mare aperto. In totale erano circa 70 le persone a bordo, dirette verso le coste europee. Per cause ancora sconosciute, lo scafo si è rovesciato improvvisamente, forse a causa delle cattive condizioni del mare o di un cedimento strutturale. Le autorità tunisine hanno subito avviato un’operazione di soccorso, ma per molti non c’è stato nulla da fare.

“Il bilancio è drammatico: quaranta morti e trenta superstiti”, ha dichiarato Chatrbi, aggiungendo che la procura ha aperto un’inchiesta per chiarire le circostanze del naufragio e verificare se dietro la traversata ci fosse un’organizzazione di trafficanti di esseri umani. Le vittime sarebbero in gran parte giovani uomini e donne provenienti da diversi Paesi dell’Africa subsahariana, in fuga da guerre, povertà e instabilità politica.
Le rotte migratorie e l’accordo con l’Unione Europea
Negli ultimi anni, la Tunisia è diventata una delle principali piattaforme di partenza verso l’Italia, sostituendo in parte la Libia come base dei trafficanti. Nel 2023, il governo tunisino ha firmato un accordo con l’Unione Europea da 255 milioni di euro, destinato in buona parte a rafforzare il controllo dei confini e contrastare l’immigrazione irregolare.
Per alcuni mesi l’intesa sembrava aver funzionato: il numero delle partenze era diminuito sensibilmente, ma dall’inizio del 2025 si è registrata una nuova impennata dei flussi migratori, complici la crisi economica e la crescente instabilità nella regione subsahariana. Le organizzazioni umanitarie, intanto, denunciano che le politiche di contenimento non fermano le partenze, ma rendono solo le traversate più pericolose. Ogni naufragio, come quello di Salakta, è “una tragedia annunciata”, dicono le ONG, che chiedono vie legali e sicure di ingresso in Europa per evitare nuove stragi nel Mediterraneo.


