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La possibile “resa” di Zelensky: fermiamo lo scontro sulla linea del fronte

Pubblicato: 23/10/2025 07:34

La scena si è spostata nel Nord Europa, ma il peso delle parole ha attraversato mezzo continente. Durante la visita in Norvegia, Volodymyr Zelensky ha parlato di una soluzione che fino a poche settimane fa sembrava impensabile: accettare un cessate il fuoco sull’attuale linea del fronte. Non più la riconquista totale dei territori occupati, ma un congelamento della guerra là dove le truppe oggi si fronteggiano. È un buon compromesso, ha detto il presidente ucraino, aprendo di fatto alla proposta avanzata da Donald Trump, che da mesi preme per un accordo realistico con Mosca.

Secondo le ricostruzioni di Fox News e The Guardian, l’idea sarebbe quella di fermare le armi dove si trovano, trasformando la linea del fronte in una zona di demarcazione temporanea e aprendo subito tavoli negoziali multilaterali. Trump, tornato protagonista dei colloqui diplomatici, avrebbe proposto a Zelensky di restare dove siamo e cominciare a parlare. Una formula che a Washington considerano una via d’uscita pragmatica da un conflitto che ha logorato le risorse e la pazienza dell’Occidente.

La svolta di Kiev

Per la prima volta dall’inizio dell’invasione russa, Zelensky ha riconosciuto pubblicamente che la linea di contatto potrebbe diventare la base di un nuovo equilibrio. Un cambio di tono che segna la distanza rispetto ai mesi della controffensiva fallita e delle richieste di armamenti sempre più pesanti. “Abbiamo discusso con Trump di diverse opzioni, quella del congelamento è una di esse”, ha detto il presidente ucraino, aggiungendo però di non essere certo che Vladimir Putin accetterà.

Nei palazzi del potere europei, l’ipotesi viene letta come un primo passo verso un negoziato realistico. Francia e Germania vedono nel fermo tecnico un modo per abbassare la tensione e consentire la ripresa dei colloqui diplomatici interrotti da oltre un anno. Ma il Cremlino, almeno per ora, ha respinto l’idea di un congelamento militare: significherebbe rinunciare a obiettivi che Mosca continua a definire strategici e non negoziabili.

Un compromesso o una resa?

Il nodo politico è tutto qui. Per alcuni osservatori occidentali, il riconoscimento della linea del fronte come base di partenza è una resa mascherata, una sospensione del conflitto che congela l’occupazione russa del Donbass e della costa del Mar d’Azov. Per altri, è semplicemente l’unico modo per salvare l’Ucraina da una guerra infinita. Zelensky, stretto tra la stanchezza del fronte interno e la pressione dei partner internazionali, sceglie una via di mezzo: nessuna rinuncia formale, ma la disponibilità a fermare il fuoco e parlare.

In questo quadro, colpisce il movimento parallelo di Trump. Mentre propone di congelare lo scontro, il presidente americano ha deciso di imporre nuove sanzioni contro la Russia, mirate al settore energetico e alle banche che finanziano l’apparato militare di Mosca. È un segnale doppio: da un lato l’intenzione di aprire un negoziato, dall’altro la volontà di mantenere una pressione economica costante su Putin. La Casa Bianca sottolinea che le nuove misure servono a mantenere alta la pressione su Mosca anche nel percorso verso un possibile accordo di pace.

Una mossa che spiazza anche l’Europa, divisa tra l’idea di un compromesso sul terreno e la necessità di non legittimare l’occupazione russa. Nessuna firma, per ora. Solo parole, ma pesanti come pietre. E il rischio è che una tregua senza un accordo politico diventi una pace provvisoria pronta a esplodere di nuovo. Kiev cerca di resistere al logoramento, Mosca pretende di capitalizzare le sue conquiste, l’Europa spera in un silenzio delle armi che non sa se durerà.

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