
È un’immagine che racconta più di mille parole, il fermo immagine di una riconciliazione attesa da cinque secoli. Nella Cappella Sistina, sotto la volta dipinta da Michelangelo, si sono ritrovati ieri Papa Leone XIV e re Carlo III d’Inghilterra, insieme alla regina Camilla, per un momento di preghiera comune che segna una svolta simbolica nei rapporti tra la Chiesa cattolica e quella anglicana. Un gesto dal valore immenso, capace di chiudere un cerchio aperto nel 1534, quando Enrico VIII ruppe con Roma proclamandosi “Capo Supremo” della Chiesa d’Inghilterra. Da allora, tra le due sponde del cristianesimo europeo, si erano susseguiti secoli di silenzi, incontri e tentativi di dialogo, ma mai una celebrazione così, fianco a fianco, nel cuore del Vaticano.
Il ritorno del dialogo tra Roma e Londra
La visita, avvolta da un protocollo di grande solennità, ha visto il cortile di San Damaso riempirsi di “Gentiluomini” in livrea e delle Guardie svizzere schierate mentre risuonava l’inno inglese “God Save the Queen”. Dopo una sosta della regina Camilla nella Cappella Paolina, il sovrano ha incontrato in Segreteria di Stato il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” della Santa Sede e connazionale del re, essendo originario di Liverpool. Sul tavolo, i rapporti bilaterali, la pace, la povertà e soprattutto l’ambiente, tema su cui Leone XIV e Carlo III condividono sensibilità e impegno.
Il dialogo ecumenico è stato uno dei punti più sentiti: il percorso, lungo e complesso, aveva conosciuto un passaggio decisivo nel 2009 con la costituzione Anglicanorum coetibus, emanata da Benedetto XVI, che apriva le porte ai gruppi anglicani desiderosi di entrare nella piena comunione con Roma. All’epoca si parlò di “annessione”, ma il documento rappresentò piuttosto una via di ritorno per chi cercava una riconciliazione spirituale. Da allora, centinaia di fedeli e sacerdoti, tra cui lo stesso Tony Blair dopo le dimissioni da premier, hanno compiuto quel passo.
Newman e la nuova alleanza simbolica
La preghiera comune in Sistina è stata definita da Vatican News “il suggello delle buone relazioni tra le parti” e la realizzazione del desiderio di Carlo, in quanto governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, di dare alla visita un carattere spirituale nel segno del Giubileo della Speranza. L’inno iniziale, tratto da un testo di Sant’Ambrogio tradotto in inglese da John Henry Newman, ha aggiunto un valore simbolico: Newman, convertito dal protestantesimo e teologo dell’Ottocento, sarà proclamato dottore della Chiesa il prossimo 1° novembre, completando il cammino di riconoscimento che iniziò con la sua canonizzazione nel 2019, alla quale Carlo era presente come principe.
Sul piano storico, la memoria è tornata alle leggi del XVI secolo che sancirono la separazione tra Roma e Londra, privando il papato di ogni autorità sul clero inglese. Ieri, quel passato sembrava appartenere a un’altra epoca: nella Sistina, i due successori di poteri un tempo contrapposti hanno recitato insieme il “Padre nostro” in latino e in inglese.
L’ambiente come ponte e il titolo di “Royal Confrater”
Il tema della sostenibilità ambientale, caro a entrambi, è stato al centro dell’incontro. A introdurlo suor Alessandra Smerilli, segretario del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. In segno di armonia, Papa Leone e re Carlo si sono scambiati due orchidee Cymbidium, simbolo di equilibrio e pace. Nel pomeriggio, la visita è proseguita nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove – per decisione del cardinale James Michael Harvey e dell’abate Donato Ogliari, con l’approvazione del Papa – è stato conferito a Carlo il titolo di Royal Confrater di san Paolo.
Un titolo carico di significato, accompagnato da uno scranno decorato con lo stemma reale e la frase latina “Ut unum sint” (“Che siano uno”), tratto dal Vangelo di Giovanni. In quelle tre parole, la sintesi perfetta del gesto che ieri ha riunito, dopo cinque secoli, due Chiese sorelle divise dalla storia ma unite – finalmente – nella preghiera.