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Caso Regeni, nuovo stop: la Consulta dovrà decidere sulla costituzionalità della difesa

Pubblicato: 23/10/2025 13:58
Giulio Regeni inchiesta parlamentare

La I Corte d’Assise di Roma, in una decisione che ha sospeso ancora una volta il complesso iter giudiziario, ha accolto una eccezione di legittimità costituzionale sollevata dai legali d’ufficio che assistono gli imputati egiziani nell’ambito del processo Regeni.

Gli atti relativi alla questione sono stati trasmessi alla Corte Costituzionale, organismo supremo che avrà il compito di pronunciarsi sulla validità della normativa contestata. Il nodo cruciale su cui i giudici di merito hanno dovuto esprimersi riguarda la piena garanzia del diritto di difesa in specifiche condizioni procedurali, con particolare riferimento alla nomina di consulenti tecnici e alla copertura dei relativi costi.

La decisione e la sospensione del dibattimento

La Corte d’Assise, presieduta da una composizione attenta alle implicazioni del caso, ha ritenuto la questione sollevata dalle difese non manifestatamente infondata e, ancor più significativamente, rilevante ai fini della definizione del giudizio in corso. Tale valutazione ha portato inevitabilmente alla sospensione immediata del processo, in attesa che la Consulta si esprima in maniera definitiva. Questa mossa ha avuto un impatto diretto sul calendario delle udienze già fissate, che prevedeva sessioni processuali il 22 e 26 settembre, e poi il 3 e il 6 ottobre 2025. Tutte le date sono state annullate, proiettando il verdetto finale verso un futuro ancora incerto. Il prosieguo del processo, di altissimo profilo politico e mediatico, è ora subordinato alla tempistica e alla decisione della Corte Costituzionale.

Il contesto e le motivazioni della difesa

A innescare questa battuta d’arresto procedurale è stata la richiesta congiunta presentata nella scorsa udienza dagli avvocati d’ufficio – Paola Armellin, Filomena Pollastro, Tranquillino Sarno e Anna Lisa Ticconi – che rappresentano gli imputati. I legali hanno sollecitato i magistrati a valutare la possibile incostituzionalità dell’attuale impianto normativo in materia. La tesi centrale sostenuta dalla difesa è che, fin dall’inizio, la loro azione di assistenza sia stata minorata a causa delle restrizioni imposte dalla legge vigente.

L’avvocato Ticconi, in rappresentanza di Sharif, ha chiarito la criticità della situazione, sottolineando: “La nostra difesa è sempre stata minorata”. Il collega Sarno, nel difendere la buona fede della mozione, si è affrettato a specificare che non si tratta affatto di una “richiesta strumentale” volta a dilatare i tempi del giudizio: “Non vogliamo allungare il brodo”, ha asserito, ricordando che la possibilità di sollevare l’eccezione esisteva anche in precedenza.

La richiesta di estensione del gratuito patrocinio

Il fulcro giuridico della questione di legittimità costituzionale verte sulla mancata estensione del gratuito patrocinio a spese dello Stato anche agli imputati contumaci, ovvero coloro che sono assenti dal processo. Secondo l’articolata argomentazione della difesa, la carenza di tale patrocinio statale ha impedito di fatto ai legali di incaricare e retribuire esperti e specialisti indispensabili per la preparazione di una efficace strategia difensiva. Tra queste figure rientrano, in particolare, i traduttori tecnici e i consulenti, il cui apporto è considerato cruciale in un processo internazionale e altamente complesso come quello che coinvolge il caso Regeni.

Gli avvocati hanno evidenziato il paradosso e l’onere economico a loro carico: “Avremmo dovuto anticipare noi i costi dei consulenti”, hanno sottolineato. La questione, come rimarcato dagli stessi legali, non è di natura venale, ma organizzativa e di equità processuale: “Non vorremmo apparire come persone venali, non lo siamo”, hanno dichiarato, aggiungendo: “Ma è una questione di organizzazione delle difese”. Hanno poi specificato che, mentre il loro onorario sarà sicuramente coperto perché la difesa tecnica è indispensabile in un processo penale, non lo è purtroppo, secondo l’interpretazione della normativa contestata, la presenza di un consulente a carico dello Stato, creando così una disparità nel diritto alla prova e alla consulenza a supporto.

Un nuovo rallentamento dopo lo sblocco del 2023

Questo nuovo blocco processuale si inserisce in una storia già travagliata del procedimento giudiziario relativo alla scomparsa e uccisione di Giulio Regeni. Non è, infatti, la prima volta che l’iter subisce una interruzione o un rallentamento di significativa portata. È bene ricordare che già nel settembre 2023 fu la stessa Corte Costituzionale a sbloccare il processo, che si era arenato nelle sue fasi iniziali. In quella fondamentale occasione, la Consulta aveva decretato il “no all’improcedibilità” quando questa fosse causata dalla mancata collaborazione di uno Stato estero, superando in questo modo un ostacolo che sembrava insormontabile.

Oggi, a distanza di tempo, è ancora una volta una questione di natura costituzionale a mettere in pausa la ricerca di verità e giustizia, riproponendo il tema della tutela piena dei diritti processuali in ogni fase e per tutte le parti in causa. Il verdetto sui quattro imputati egiziani, pertanto, è destinato a slittare in attesa del pronunciamento della Corte, prolungando ulteriormente l’attesa della famiglia Regeni e dell’opinione pubblica internazionale.

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Ultimo Aggiornamento: 23/10/2025 14:01

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