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Vance contro la Knesset: la Cisgiordania non sarà annessa, parola di Trump

Pubblicato: 23/10/2025 15:00

Il vicepresidente americano J.D. Vance, in visita ufficiale a Tel Aviv, ha preso posizione contro il voto della Knesset che apre alla possibile annessione della Cisgiordania. La definizione è netta, quasi irritata: un atto “strano e sciocco”, ha detto, spiegando che la politica di Donald Trump resta contraria a qualsiasi passo unilaterale israeliano sui territori occupati.

Il messaggio arriva in un momento delicatissimo, mentre gli Stati Uniti tentano di consolidare il cessate il fuoco a Gaza e di mantenere una cornice diplomatica stabile nel Medio Oriente. Vance ha definito “piuttosto buoni” i segnali emersi dai colloqui con Benjamin Netanyahu, ma ha avvertito che l’iniziativa del parlamento israeliano rischia di destabilizzare la regione proprio quando Washington lavora alla ricostruzione del dialogo con i partner arabi.

Un voto simbolico, ma carico di tensione

Il provvedimento approvato mercoledì 22 ottobre dalla Knesset, con 25 voti favorevoli e 24 contrari, estende la sovranità israeliana su parte della Cisgiordania in un atto che molti analisti considerano un’annessione de facto. L’approvazione è avvenuta in un clima di forte divisione politica e di tensione interna, mentre la comunità internazionale guarda con preoccupazione all’eventualità che Israele possa formalizzare la propria presenza nei territori occupati attraverso un riconoscimento legislativo.

Il disegno di legge, presentato da deputati dei partiti ultranazionalisti, non gode del pieno sostegno del governo Likud, che si è in gran parte astenuto dal voto. Lo stesso Netanyahu, pur non condannando apertamente l’iniziativa, avrebbe chiesto ai parlamentari di “evitare passi improvvidi durante la visita di Vance”. Il testo approvato rappresenta solo la prima lettura di un percorso legislativo complesso, che richiederà ulteriori tre passaggi parlamentari e l’esame in commissione. Tuttavia, il suo valore politico è evidente: un gesto di sfida verso chi, dentro e fuori Israele, tenta di preservare la possibilità di una soluzione a due Stati attraverso un processo negoziale.

La reazione di Washington

A Tel Aviv, Vance ha ribadito che “la linea americana è chiara: la Cisgiordania non sarà annessa da Israele”, come riportato da fonti diplomatiche statunitensi. L’amministrazione Trump, pur sostenendo Israele sul piano militare e politico, non intende legittimare mosse unilaterali che possano far saltare gli accordi di cessate il fuoco o alimentare nuove tensioni con i Paesi arabi.

A questa linea si è unito anche il segretario di Stato Marco Rubio, che ha avvertito Gerusalemme dei rischi di una “crisi diplomatica grave”, sottolineando che l’annessione sarebbe vista come un affronto dagli alleati arabi moderati e una violazione degli impegni di diritto internazionale. Rubio ha ribadito che “nessun alleato di Washington può agire ignorando la coordinazione strategica con gli Stati Uniti”.

Il rischio di una frattura

La presa di distanza americana riflette un equilibrio difficile. Trump e Netanyahu si muovono su un terreno comune di pragmatismo, ma il voto della Knesset rischia di aprire una frattura politica e simbolica. Da un lato, Israele è stretto tra le pressioni della destra religiosa e la necessità di mantenere il sostegno statunitense; dall’altro, la Casa Bianca deve dimostrare di poter controllare i propri alleati senza apparire ostile a Israele.

Sul piano istituzionale, il Ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato che “ogni decisione finale sarà presa nel rispetto delle norme internazionali e della cooperazione con gli Stati Uniti”, come confermato dal portale ufficiale del Ministero degli Esteri israeliano. Ma nel frattempo, i partiti più radicali continuano a spingere per rendere il voto vincolante già nelle prossime settimane.

L’equilibrio fragile di Netanyahu

Il premier appare ora in una posizione di equilibrio instabile: deve rassicurare Washington senza alienarsi il consenso interno. L’annessione della Cisgiordania è da anni un cavallo di battaglia della destra più ideologica, ma l’attuale scenario geopolitico – con la fragile tregua a Gaza e le trattative indirette tra Israele e Hamas – rende ogni mossa esplosiva.

La vicenda mostra una tensione crescente tra politica interna israeliana e strategia internazionale americana, con Vance che interpreta il ruolo di guardiano del realismo trumpiano: sostenere Israele, ma evitare che un gesto simbolico si trasformi in una catastrofe diplomatica. È la prova che Israele, oggi più che mai, non può permettersi di ignorare la volontà di Washington.

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Il vicepresidente USA J.D. Vance avverte Israele: “La Cisgiordania non sarà annessa”. Trump detta la linea, tensione con Netanyahu dopo il voto simbolico della Knesset.

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