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Condannata all’ergastolo per l’omicidio della 12enne Lola Daviet: violentata, torturata e uccisa a 12 anni

Pubblicato: 24/10/2025 18:11

La Corte d’Assise di Parigi ha emesso la sentenza definitiva nel caso che ha sconvolto la Francia. Dahbia Benkired, 27 anni, è stata condannata all’ergastolo senza possibilità di riduzione della pena per lo stupro, le torture e l’omicidio di Lola Daviet, una bambina di 12 anni uccisa tre anni fa nella capitale francese. Il tribunale ha accolto integralmente la richiesta della procura, che ha definito il crimine «uno dei più efferati della storia recente».

Un delitto nato dall’odio e dalla follia

Durante il processo, la donna ha cambiato più volte versione ma non ha mai negato di essere la responsabile. Senza fissa dimora e in situazione irregolare dal 2019, Benkired era destinataria di un ordine di espulsione mai eseguito, circostanza che ha scatenato un acceso dibattito politico. La 27enne, priva di precedenti penali, era conosciuta solo come vittima di violenze domestiche. Secondo la sorella Friha, la perdita dei genitori l’avrebbe fatta precipitare in una spirale di squilibrio mentale.

Uno dei disegni realizzati durante il processo. Al centro, l’imputata (Afp)

In aula, l’imputata è apparsa apatica, senza segni di pentimento né empatia. Ha raccontato di aver incontrato la ragazzina all’ingresso del palazzo dove viveva la sorella: «Le ho chiesto di aiutarmi a portare alcune valigie, ma lei ha detto che non poteva. Allora l’ho tirata per un braccio e l’ho trascinata su». Una volta nell’appartamento, ha detto di essersi «accanita su di lei per vendicarmi del male che Mustapha aveva fatto a me». Mustapha era il compagno violento da cui sosteneva di aver subito abusi. «Ero piena d’odio, e Lola era solo una persona più debole. Non l’ho scelta, mi è capitata».

La donna ha confessato di aver costretto la bambina a spogliarsi, di averla aggredita e poi soffocata con del nastro adesivo. «All’inizio non volevo ucciderla, ma ormai era troppo tardi. L’ho chiusa in una valigia», ha detto tra il gelo dell’aula.

Il dolore della madre e la condanna finale

Fuori dal tribunale, un gruppo di estremisti ha chiesto la pena di morte, ma la madre di Lola, Délphine Daviet, ha invitato tutti a non strumentalizzare la tragedia: «Il mio cuore è a pezzi, ma la colpa è solo sua. Non chiedo vendetta, solo giustizia». In aula ha ricordato la figlia come «una bambina allegra, piena d’amore per gli altri».

I periti psichiatrici hanno riconosciuto disturbi mentali ma non l’incapacità di intendere e volere. Il procuratore ha sottolineato: «Sapeva ciò che stava facendo e lo ha voluto fare». Le ultime parole dell’imputata prima della condanna sono state: «Chiedo perdono. Quello che ho fatto è orribile. È tutto quello che ho da dire».

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