
C’è chi crede che la guerra in Ucraina sia il risultato inevitabile di un’aggressione, e chi invece la considera la conseguenza di una lunga catena di errori politici e diplomatici. In mezzo, la televisione diventa ancora una volta il campo di battaglia di idee inconciliabili, dove la passione supera spesso la prudenza. È accaduto durante l’ultima puntata di Otto e mezzo, su La7, dove il confronto tra Marco Travaglio e Beppe Severgnini si è trasformato in uno scontro durissimo, dai toni accesi e dagli argomenti taglienti.
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Quello che doveva essere un normale dibattito sulle dinamiche internazionali si è rapidamente trasformato in una vera e propria collisione verbale, in cui due visioni opposte del mondo – e del ruolo dell’Europa – si sono scontrate davanti al pubblico in diretta. Da un lato, la prudenza analitica e filo-occidentale del giornalista del Corriere della Sera; dall’altro, la critica radicale del direttore del Fatto Quotidiano, che ha accusato l’Occidente di aver spinto Kiev verso il baratro.
L’intervento di Beppe Severgnini
A innescare la miccia è stato l’intervento di Beppe Severgnini, che ha voluto ricordare il ruolo determinante dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e dell’“eroismo degli ucraini” nella resistenza contro la Russia. Il giornalista ha affermato: “Ricordo a Marco e alle molte persone che la pensano come lui, che se non fosse stato per l’Unione Europea, per gli Stati Uniti e per l’eroismo degli ucraini, la situazione sarebbe stata diversa. Putin puntava su Kiev e ancora lì, dopo tre anni, ha tre milioni e mezzo di persone sotto le armi, compresi i riservisti a cui dovrà dare un lavoro dopo la fine della guerra, e ha perso un milione e centomila soldati. E per cosa? Per prendere quel pezzo di terra, quando in realtà voleva prendersi tutto. Quindi, che tutto sia stato inutile, secondo me, non è vero: Putin è in grande difficoltà.”
Un’analisi che attribuisce al sostegno occidentale un ruolo decisivo nel contenimento dell’aggressione russa, e che esclude qualsiasi responsabilità politica dell’Europa nella genesi del conflitto.

La replica infuocata di Marco Travaglio
A queste parole, Marco Travaglio ha reagito con forza, accusando l’Occidente di aver “condannato a morte” l’Ucraina. Il direttore del Fatto Quotidiano ha ribattuto: “Non è vero che abbiamo aiutato l’Ucraina a migliorare la sua situazione. Avremmo invece salvato l’Ucraina se l’avessimo aiutata a negoziare a Istanbul, quando Putin non chiedeva un centimetro quadrato di terra ma semplicemente il rispetto degli accordi di Minsk. E cioè l’autonomia speciale per il Donbass, la rinuncia alla Nato e la parziale demilitarizzazione. Invece l’abbiamo condannata a morte: quello che ha fatto l’Europa e gli americani fino all’arrivo di Trump è stato il suicidio assistito di un popolo e di un Paese. Qualcuno ne dovrà pagare le conseguenze, non Trump con le sue follie.”
Parole che hanno acceso la tensione in studio e scatenato l’immediata reazione di Severgnini, che ha ribadito con fermezza la sua posizione.
Il botta e risposta e i momenti di tensione
“Io trovo che l’Europa abbia fatto il possibile”, ha replicato Severgnini, “Marco, tu e tantissimi continuate a dimenticare che gli ucraini si sono difesi da soli all’inizio, altrimenti questo qua prendeva Kiev e andava oltre.”
A quel punto Travaglio è insorto: “Da soli? Ma lo sai che l’esercito gliel’ha messo in piedi la Nato dal 2014? Cosa dici? Ma hai studiato la storia su Topolino?”. Una battuta sarcastica che ha fatto sobbalzare la conduttrice e il pubblico, e che ha portato il confronto su un piano ancora più teso.
Severgnini ha poi ribattuto: “L’Ucraina è la nostra linea di difesa europea”, ricevendo un commento secco e contrariato dal direttore del Fatto: “Ma figuriamoci”.
Il giornalista del Corriere ha proseguito ricordando un passaggio storico cruciale: “Ricordati sempre che l’Ucraina ha rinunciato a tutte le armi nucleari nel ’94”. Travaglio, senza esitazione, ha risposto: “Sì, in cambio della neutralità.”
Le posizioni inconciliabili sul ruolo della Nato
Il confronto è proseguito fino a toccare il tema più delicato: l’espansione della Nato verso est. Severgnini ha ribadito la sua tesi: “Putin si è rimangiato la parola e ha attaccato un Paese. C’è un aggredito e un aggressore, è inutile che continuiamo a girare la frittata. Però vedrai che prima o poi Putin smette.”
Travaglio ha risposto con la consueta precisione polemica: “Quello che dimentichi è che gli accordi prevedevano la neutralità dell’Ucraina. Noi abbiamo promesso che i Paesi ex sovietici diventati indipendenti sarebbero rimasti neutrali. Li abbiamo fatti entrare tutti nella Nato e ne mancavano due, questo è quello che è successo. Come fai a dimenticarti una cosa così fondamentale? Ora non ne parla più nessuno dell’Ucraina nella Nato, ma se dal 2008 non avessimo annunciato che entrava nella Nato, questa guerra non ci sarebbe stata.”
Un duello di visioni sull’Europa e la guerra
Il confronto tra Travaglio e Severgnini non è stato solo un diverbio televisivo, ma il riflesso di una spaccatura culturale e politica che attraversa oggi l’opinione pubblica europea. Da una parte, chi considera l’intervento dell’Occidente come un atto di difesa dei valori democratici; dall’altra, chi vede nella strategia euro-atlantica una provocazione che ha contribuito a innescare la guerra.
Lo scontro di Otto e mezzo è destinato a far discutere ancora, perché mette in luce quanto sia profondo il divario tra due narrazioni: quella che parla di resistenza e quella che parla di provocazione. E nel mezzo, come sempre, resta la tragedia di un popolo, l’Ucraina, che continua a pagare il prezzo più alto di un conflitto che, come dimostrano anche le parole di ieri sera, divide ancora l’Europa più delle sue stesse frontiere.


