
Tre giovani, un diciottenne e due minorenni di 17 e 14 anni, sono stati fermati con accuse gravissime. Sono indagati per aver abusato di una dodicenne, cugina del maggiorenne e del quattordicenne, per un periodo di due anni. Le violenzesarebbero state filmate e i video diffusi su una nota piattaforma di messaggistica istantanea. “Violentata a 12 anni e filmata: spunta un nuovo indagato di 17 anni. Il video come arma di ricatto nelle chat di Whatsapp, il branco composto da 40 ragazzi”.
I tre, individuati dalle forze dell’ordine del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di una città abruzzese, dovranno rispondere a vario titolo di “violenza sessuale di gruppo aggravata, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minori di 14 anni, produzione di materiale pedopornografico, detenzione di materiale pedopornografico e atti persecutori”. Gli indagati sono stati rintracciati nelle loro abitazioni e condotti rispettivamente in un carcere per adulti e in un istituto per minori a Roma.
La drammatica scoperta e le indagini
L’inchiesta ha preso il via sul finire del mese di agosto, quando la vittima, di 12 anni, ha trovato il coraggio di rivolgersi al “numero 114-emergenza infanzia” e raccontare di essere stata costretta a subire abusi sessuali, “anche di gruppo, sotto reiterate minacce di morte e di divulgare, tramite social network, un video dal contenuto sessualmente esplicito che la ritraeva, realizzato a sua insaputa da uno degli indagati”. L’attività di indagine, avviata tempestivamente dalle forze dell’ordine, ha permesso di raccogliere “importanti riscontri investigativi” che hanno portato all’identificazione degli arrestati e alla ricostruzione dell’intera vicenda. Secondo quanto emerso dagli accertamenti, la giovane avrebbe subito i primi abusi quando aveva appena 10 anni.
Sotto la lente degli investigatori anche le “chat e i gruppi WhatsApp dove sono rimbalzati i video”. Le immagini, infatti, sarebbero state “ripostate e condivise da adolescenti con commenti, ingiurie e insulti”. Non si esclude, dunque, che l’indagine possa allargarsi con una contestazione anche “nei confronti di chi ha divulgato o visto i video senza denunciare”.


