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Armi a Kiev, Meloni tra due fuochi: la richiesta di Zelensky e i malumori di Salvini

Pubblicato: 24/10/2025 10:09

Il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, si trova ad affrontare una duplice pressione durante il Consiglio europeo a Bruxelles, in particolare riguardo all’acquisto di armi statunitensi per Kiev e alla questione degli asset russi congelati. Le sue decisioni sono complicate dalla necessità di gestire gli equilibri politici interni in Italia, in particolare con la Lega.

L’incontro con Zelensky e il pressing sulle armi

L’incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a margine del Consiglio europeo si è rivelato un momento cruciale. Zelensky ha avanzato una richiesta accorata all’Italia: contribuire, insieme ad altri Paesi europei, all’acquisto di armi americane destinate a Kiev attraverso il sistema Purl (pacchetti da 500 milioni di dollari). Questi fondi servirebbero, ad esempio, per assicurare nuove dotazioni di Patriot all’Ucraina.

La pressione americana su questa opzione è forte, e molte capitali europee hanno già dato la loro disponibilità, sebbene l’entità dei contributi sia ancora da definire. Tuttavia, Meloni deve procedere con cautela a causa della Lega in Italia, che si oppone al finanziamento di armamenti per il conflitto. Il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, ha espresso disaccordo, affermando: «Se la logica è spendere soldi per comprare missili e alimentare la guerra, non siamo assolutamente d’accordo».

Nonostante le resistenze interne, l’esito della riflessione in corso a Palazzo Chigi sembra scontato, ma si cerca di mantenere il dibattito il meno pubblico possibile. Zelensky, con tatto, ha evitato di menzionare la questione pubblicamente, concentrandosi sulla necessità di proteggere il settore energetico ucraino.

La richiesta di generatori

Una richiesta più immediata e meno controversa avanzata da Zelensky all’Italia riguarda l’aiuto per superare l’inverno. Il presidente ucraino ha chiesto a Roma di contribuire con enormi generatori per garantire elettricità e calore alle città ucraine. Meloni ha espresso la sua intenzione di contribuire, e sono stati immediatamente avviati i contatti con grandi ditte private o a partecipazione statale per verificarne la disponibilità.

L’altro nodo centrale è rappresentato dagli asset russi congelati, stimati in circa 180 miliardi di euro. Meloni è tra i leader che hanno espresso maggiore prudenza e alimentato dubbi sullo sfruttamento di questi beni. La posizione italiana chiede preliminarmente un parere della Banca Centrale Europea (BCE), quasi come “scudo”, per capire se il congelamento possa configurarsi come una confisca secondo il diritto internazionale.

Meloni ha sostenuto nel summit che un tale scenario andrebbe evitato per non causare un «danno reputazionale» all’intero sistema bancario e finanziario occidentale. Nonostante ciò, Roma non è astrattamente contraria all’idea di utilizzare questi miliardi, soprattutto considerando che altrimenti i singoli Stati membri dovrebbero trovare forme alternative di finanziamento per Kiev.

Le riserve dell’Italia persistono anche su un altro punto cruciale: la necessità di garanzie diffuse. Per l’Italia è indispensabile che tutti gli Stati membri partecipino ai depositi cauzionali e che nessuno si sfili. Inoltre, questo sforzo deve essere scorporato dal calcolo del debito nazionale.

L’opposizione al superamento del veto e la divergenza con Tajani

Le resistenze su questa opzione hanno portato a un brusco stop: la decisione sugli asset è stata sostanzialmente espunta dalle conclusioni del Consiglio, un evento non nuovo a causa dei veti.

In linea con la posizione dei Conservatori europei, Meloni continua a nutrire riserve sul superamento generalizzato del meccanismo del veto nelle decisioni UE. Questa posizione la pone in divergenza con il suo Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si assesta su una linea opposta. Tajani ha infatti espresso l’opinione che si debba fare «qualche passo in avanti» sulla questione del superamento del veto.

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Ultimo Aggiornamento: 24/10/2025 11:23

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