
Nel cuore della Russia, lontano dal fronte ma al centro di una battaglia silenziosa, centinaia di adolescenti ucraini imparano a sparare, scavare trincee, lanciare granate e pilotare droni. Sono bambini dei territori occupati, prelevati dalle loro scuole e portati in campi che si presentano come luoghi di formazione patriottica. In realtà, dietro i cancelli decorati con bandiere e slogan militari, si costruisce un’altra generazione di guerra.
Il programma ha un nome burocratico e inquietante: Warrior Center for Military and Patriotic Education. È stato creato nel 2022 su ordine diretto di Vladimir Putin, con la missione di “rafforzare i valori patriottici tra i giovani”. Ma secondo un’ampia inchiesta internazionale, il centro funziona come una scuola militare per minori, destinata a formare una riserva di giovani pronti a combattere per la Russia.
L’addestramento dei ragazzi dei territori occupati
I campi principali si trovano nella regione di Volgograd, dove vengono trasferiti gli adolescenti ucraini reclutati dalle amministrazioni militari delle aree occupate. L’addestramento dura in media tre settimane. Ogni giorno i ragazzi sono svegliati all’alba, marciati inquadrati, istruiti all’uso di armi automatiche, granate, droni e tecniche di sminamento. Tutto avviene sotto la supervisione di ufficiali russi che hanno combattuto in Cecenia, in Siria e in Crimea.
Tra i nomi ricorrenti figura quello del colonnello Andranik Gasparyan, veterano di più conflitti e oggi direttore operativo del programma. Al suo fianco, il deputato della Duma Viktor Vodolatsky, ex generale cosacco e sostenitore di una “mobilitazione spirituale” della gioventù russa. Le immagini che filtrano dai campi mostrano ragazzini in uniforme che recitano giuramenti alla “Patria russa” e cantano l’inno sotto la bandiera tricolore, con alle spalle carri blindati e istruttori armati.
Le false vacanze e la pressione sulle famiglie
Molti genitori raccontano di essere stati convinti a mandare i figli in quelli che credevano semplici campi estivi. In realtà, le autorità locali delle zone occupate hanno reso la partecipazione quasi obbligatoria. Gli insegnanti distribuiscono moduli di iscrizione nelle scuole, i presidi li presentano come opportunità educative e i ragazzi vengono trasferiti in pullman verso la Russia.
Una volta arrivati, scoprono la verità: regole ferree, punizioni per chi disobbedisce, marce forzate, addestramento tattico e propaganda quotidiana. I dormitori sono sorvegliati da militari in servizio e l’intero campo è gestito come una base dell’esercito. Ai ragazzi viene spiegato che l’Ucraina è un Paese “corrotto dal nazismo” e che combattere per Mosca è “un dovere di civiltà”.
Una rete di oltre duecento strutture
L’inchiesta ha permesso di ricostruire l’esistenza di oltre duecento campi di addestramento sparsi in tutta la Federazione Russa. Alcuni si trovano nelle regioni più remote della Siberia e dell’Estremo Oriente, altri nei dintorni di Mosca o San Pietroburgo. Tutti sono collegati da una stessa catena di comando e da un’ideologia comune: costruire una nuova identità russa nei bambini sottratti all’Ucraina.
Nel 2024 almeno 1.300 minori ucraini risultavano iscritti ai programmi del Warrior Center. Ma i numeri reali potrebbero essere molto più alti, perché molti trasferimenti avvengono senza registrazione ufficiale. I ragazzi vengono poi arruolati nel movimento giovanile Yunarmiya, la “Gioventù dell’Esercito”, che organizza gare di tiro, parate e cerimonie militari in tutta la Russia. In molti casi, ai partecipanti viene consegnato un certificato che garantisce un futuro accesso preferenziale alle forze armate.
L’indottrinamento e la cancellazione dell’identità
Dietro la retorica patriottica si nasconde un progetto di assimilazione forzata. Nei campi non si parla ucraino, non si insegnano le feste o la storia del Paese d’origine. Le lezioni di storia vengono riscritte: l’Ucraina è descritta come una “creazione artificiale dell’Occidente” e la guerra del 2022 come una “missione di liberazione”. Gli psicologi che hanno potuto ascoltare i bambini rientrati riferiscono di un linguaggio cambiato, di una fedeltà improvvisa alla Russia e di un sentimento di colpa per essere nati ucraini.
L’obiettivo, secondo gli analisti, non è solo militare ma culturale. La Russia punta a creare una generazione di cittadini senza memoria nazionale, che riconosca Mosca come unica patria possibile. Una forma di colonizzazione lenta e profonda, che agisce nelle menti dei bambini più che nei confini.
Le implicazioni legali e morali
Le convenzioni internazionali vietano esplicitamente l’arruolamento e l’addestramento militare dei minori. Per questo, la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin e della commissaria per l’infanzia Maria Lvova-Belova, accusati di deportazione illegale di bambini ucraini. Ma ciò che emerge dai campi di addestramento va oltre la deportazione: è una forma di manipolazione sistematica, un esperimento di ingegneria ideologica in piena regola.
Il governo ucraino ha avviato un programma per rintracciare e riportare a casa i minori sottratti, ma i risultati sono limitati. Molti ragazzi vengono spostati di continuo da una regione all’altra, altri vengono adottati da famiglie russe o integrati nei programmi scolastici locali. L’Unione Europea, le Nazioni Unite e l’Unicef hanno chiesto a Mosca la restituzione immediata dei bambini, ma la risposta è sempre la stessa: “Non sono deportati, sono salvati dalla guerra”.
Una guerra sul futuro
Quella che si combatte nei campi di addestramento non è solo una guerra militare. È una guerra sul futuro, sull’identità, sulla memoria di un popolo. Per l’Ucraina, ogni bambino sottratto rappresenta un pezzo di nazione perduto. Per la Russia, ogni giovane trasformato in soldato fedele è una vittoria che durerà oltre la guerra.
Gli istruttori spiegano ai ragazzi che “servire la patria è l’onore più alto”, e che la patria è una sola. Ma quella patria, per questi bambini, non è più la loro.


