
«Io ho grandissimo rispetto e grandissima fiducia nella magistratura come cittadino italiano, nonostante abbia un numero di oltre 220 denunce». Con queste parole Sigfrido Ranucci, volto storico del giornalismo investigativo italiano, ha commentato la sua posizione a margine dell’assemblea generale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm). Il giornalista, che di recente è stato vittima di un grave atto intimidatorio – l’esplosione della sua auto parcheggiata davanti casa – ha voluto ribadire la sua fiducia nella giustizia, pur sottolineando le criticità di un sistema che troppo spesso permette abusi.
Ranucci ha infatti spiegato che «basterebbe approvare la legge sulle liti temerarie perché quella che c’è adesso non mi sembra funzioni un granché». E aggiunge con determinazione: «Io non voglio che ritirino le querele nei miei confronti, voglio vincere sul campo, non per assenza di giocatori».
“Chi denuncia sapendo di mentire deve pagare”
Durante il suo intervento, Ranucci ha lanciato un appello diretto alla politica e alle istituzioni: «Vorrei che se un politico denuncia un giornalista sapendo che quello che il giornalista ha detto è vero, poi paghi. E paghi anche salato, perché ha scomodato la giustizia, l’ha ingolfata e ha fatto un’evidente intimidazione alla libertà di stampa». Parole dure, che sottolineano il peso delle azioni legali pretestuose utilizzate come arma di pressione contro chi esercita il diritto-dovere di informare.
Unità e fiducia nella magistratura
Ranucci, accolto in Cassazione per partecipare all’incontro con i magistrati, ha spiegato i motivi della sua presenza: «Sono qui perché mi hanno invitato e credo sia importante in questo momento mandare un messaggio all’Associazione nazionale magistrati: è fondamentale essere uniti». Secondo il giornalista, però, anche il mondo giudiziario dovrebbe rinnovarsi: «L’Anm deve cominciare a ragionare in maniera meno correntizia. È un vizio politico quello delle correnti e il cittadino deve recuperare fiducia nella magistratura».
Contrario alla separazione delle carriere
Infine, interrogato sul referendum in tema di giustizia, Ranucci ha espresso una posizione netta: «Io sono contrario alla separazione delle carriere perché in tutti i Paesi dove esiste, il pubblico ministero alla fine è sottoposto al potere politico. Noi abbiamo bisogno di poteri divisi che si facciano da contrappeso, solo così la macchina democratica può funzionare». Conclude così un intervento che è insieme un atto di fiducia e una denuncia: difendere la magistratura, ma anche la libertà di stampa, significa difendere la democrazia stessa.


