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Roma, giornalista aggredito per una felpa antifascista: in tre lo assaltano davanti al figlio

Pubblicato: 25/10/2025 23:59

Roma, una sera come tante nel cuore pulsante della città eterna, si è trasformata in un palcoscenico di violenza e intolleranza per il giornalista Alessandro Sahebi. L’episodio, di una gravità inaudita, è avvenuto mentre Sahebi, in un momento di serenità domestica, stava semplicemente immortalando la compagna e il loro bambino di appena sei mesi. Un gesto d’affetto e normalità interrotto bruscamente dalla brutalità ideologica di tre individui. La loro pretesa, tanto assurda quanto violenta, era che Sahebi si sfilasse la felpa sulla quale campeggiava la scritta “Azione antifascista”.

Un chiaro tentativo di sopraffazione e intimidazione basato sull’odio politico, che riporta alla mente i periodi più oscuri della storia italiana. La dinamica dei fatti, per fortuna, non è destinata a rimanere confinata al racconto della vittima, ma è stata integralmente registrata dal telefono del giornalista, trasformandosi in una prova schiacciante e in un documento di inestimabile valore per le indagini. Questo gesto di violenza non è solo un’aggressione fisica, ma un attacco ai principi fondamentali della democrazia e della libertà di espressione, nel cuore della Capitale.

Il clima di intimidazione e la richiesta aberrante

L’aggressione si è consumata in modo repentino e inatteso. Sahebi, assorto nel suo ruolo di padre e compagno, non poteva immaginare che una tranquilla serata si sarebbe tramutata in un incubo. L’attenzione dei tre aggressori è stata immediatamente catalizzata dalla felpa. L’indumento, con il suo chiaro messaggio “Azione antifascista”, è stato percepito come una provocazione intollerabile dal trio di sedicenti neofascisti. La richiesta iniziale, perentoria e sguaiata, era di togliersi immediatamente la felpa. Questa pretesa non è altro che un atto di bullismo politico volto a negare a un cittadino il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Il mero fatto di indossare un capo d’abbigliamento con un contenuto ideologico opposto alla loro visione ha scatenato una reazione violenta e sproporzionata.

Questo dimostra la radicata intolleranza di certe frange estremiste che, anziché confrontarsi civilmente, ricorrono alla violenza fisica come unico strumento di dialogo. Il clima di tensione è cresciuto in pochi istanti, trasformando un momento privato in un pubblico atto di sopraffazione.

La reazione della vittima e l’importanza della registrazione

Nonostante la situazione di pericolo imminente e la presenza della compagna e del figlio neonato, il giornalista Alessandro Sahebi ha mantenuto un sangue freddo encomiabile. In un’azione che si è rivelata determinante, è riuscito ad azionare la fotocamera del suo telefono, documentando l’intera sequenza dell’aggressione. Questa registrazione video non è soltanto un elemento di prova fondamentale per l’autorità giudiziaria, ma si erge a simbolo di resistenza contro la prevaricazione.

L’esistenza del filmato smentisce ogni possibile tentativo di negazione o minimizzazione dei fatti da parte degli aggressori e fornisce una testimonianza oggettiva della loro brutalità e delle loro motivazioni ideologiche. L’importanza di avere una prova video inconfutabile è cruciale in casi di violenza a sfondo politico, dove spesso si tenta di depistare le indagini o di derubricare i fatti a semplice lite. Il telefono di Sahebi è diventato in quel momento non solo uno strumento di lavoro o di svago, ma un baluardo di verità e giustizia, catturando l’essenza di un atto che affonda le radici in un pericoloso revival di ideologie totalitarie.

Le implicazioni sociali e politiche dell’accaduto

L’aggressione a un giornalista nel cuore della Capitale, per motivazioni legate alla sua posizione antifascista, solleva profonde preoccupazioni sullo stato di salute della democrazia e sulla diffusione dell’estremismo in Italia. L’episodio non può essere liquidato come un fatto isolato o una banale rissa. Esso rappresenta un campanello d’allarme su quanto siano ancora presenti e attive in Italia frange che non esitano a ricorrere alla violenza squadrista per imporre la propria visione. La libertà di stampa e di espressione, principi cardine di ogni società civile, sono stati vilmente attaccati.

È essenziale che la risposta delle istituzioni sia ferma e inequivocabile, garantendo che i responsabili vengano identificati e perseguiti con il massimo rigore. L’episodio impone una riflessione collettiva sulla necessità di tenere alta la guardia contro ogni forma di intolleranza e violenza politica. La solidarietà nei confronti di Alessandro Sahebi e della sua famiglia deve tradursi in un impegno civico rinnovato per la difesa dei valori antifascisti, che costituiscono la base fondante della Repubblica Italiana. La lotta contro queste manifestazioni di odio politico non può conoscere sconti o ambiguità.

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