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Spettacolo in lutto, è morto il genio della comicità italiana: “Ha cambiato il modo di far ridere”

Pubblicato: 25/10/2025 21:25

Si spengono le luci su un volto amato della comicità, un artista che per anni ha saputo strappare risate con la sua verve unica e i suoi personaggi grotteschi e indimenticabili. La notizia della sua scomparsa ha raggiunto il pubblico con la pesantezza di un sipario che cala inaspettatamente, lasciando un vuoto nel cuore di chi lo seguiva. Oggi, il mondo della satira e dello spettacolo è più povero, privato di una figura iconica la cui capacità di trasformarsi in caricature esilaranti era un dono prezioso.

L’eco delle sue battute surreali e delle sue espressioni sopra le righe risuona ancora nelle risate registrate e nei ricordi, ma il dolore per la perdita è tangibile tra i colleghi, gli amici e soprattutto quel pubblico giovanile che lo aveva eletto a idolo assoluto. L’uomo, la cui vita era stata un viaggio straordinario dalle hall degli hotel di lusso ai set cinematografici, ha concluso il suo percorso terreno a 78 anni, lasciando dietro di sé una scia di comicità inimitabile.

Il volto dei personaggi surreali

La notorietà dell’attore milanese Franco Mari, scomparso a Milano oggi 25 ottobre all’età di 78 anni, è indissolubilmente legata ai personaggi surreali creati dalla mente di Maccio Capatonda, che hanno trovato in lui l’interprete perfetto. Tra i più celebri si annovera Lord Micidial, l’arrogante e cinico presidente di una rete televisiva, e «Rocchio 47», una parodia di Rocky Balboa, un anziano pugile che vanta di avere «i pugni nelle mani» ma che sfortunatamente muore ancor prima di salire sul ring per l’incontro. Il nome che più di tutti lo ha reso famoso è però Rupert Sciamenna, l’identità che ha spesso assunto negli sketch che hanno spopolato in programmi cult come «Mai dire lunedì» e «Mai dire martedì», oltre che su La7 e All Music.

Questa ondata di popolarità lo ha reso un’icona giovanile, un successo che si è poi consolidato con la serie TV «Mario», trasmessa su Mtv tra il 2013 e il 2014, e con il suo debutto sul grande schermo in «Italiano medio», diretto da Capatonda. La sua comicità si basava sulla caricatura di figure apparentemente altolocate, ciniche e paradossali, mescolando accenti singolari, smorfie marcate, versi e risate dall’accento grottesco e malvagio.

Dalle hall degli hotel al set cinematografico

Nato a Milano, Franco Mari aveva intrapreso un percorso professionale molto diverso prima di dedicarsi alla recitazione. Il suo primo campo di lavoro è stato il settore alberghiero. In un’intervista al Corriere della Sera, Mari aveva raccontato le sue origini, descrivendo una famiglia “tipo Mulino bianco” con una madre milanese e un padre svizzero. Fu proprio il padre, notando la sua scarsa propensione allo studio, a mandarlo prima in un collegio a Lucerna e poi alla prestigiosa scuola alberghiera di Losanna.

Questa formazione di altissimo livello e la conoscenza di tre lingue gli permisero di viaggiare e lavorare come pr all’Hotel Hilton. Questo lavoro, che lui definiva “stupendo”, gli diede l’opportunità di incontrare una miriade di star internazionali, da Federico Fellini a Tina Turner, da Gina Lollobrigida a Jerry Lewis. Fu proprio nell’ambiente glamour e movimentato dell’Hilton, frequentato da molte troupe cinematografiche, che arrivarono i suoi primi ingaggi nel mondo del cinema.

I primi passi nel cinema d’autore e la collaborazione con i grandi

Le prime apparizioni di Franco Mari sui set avvennero grazie ai registi che, notando la sua presenza e la sua propensione, gli chiesero di fare la comparsa. Si trovò così a lavorare in produzioni significative come «Facciamo paradiso» di Mario Monicelli, condividendo la scena con attori del calibro di Moni Ovadia e Philippe Noiret. Successivamente, in «Mani di fata», diretto da Steno, fu al fianco di giganti della comicità italiana come Renato Pozzetto, Felice Andreasi, e attrici come Eleonora Giorgi, Sylva Koscina e Margherita Buy. La sua carriera cinematografica proseguì con partecipazioni in «Cucciolo» (1998) di Neri Parenti e, nel 1999, in «Tutti gli uomini del deficiente» di Paolo Costella. Tuttavia, l’apice della sua fama cinematografica è arrivato con la rinnovata collaborazione con Maccio Capatonda, che lo ha diretto in due lungometraggi: il già citato «Italiano medio» del 2015 e «Omicidio all’italiana» del 2017.

Il ricordo degli amici e colleghi

La notizia della scomparsa ha generato un’ondata di commozione tra i suoi colleghi e amici più stretti. Maccio Capatonda ha affidato il suo tributo a Instagram, definendo Franco Mari un «mito della comicità». Con un post toccante, ha espresso il suo rammarico per la perdita di Rupert Sciamenna. Anche Herbert Ballerina ha voluto condividere un ricordo affettuoso, accompagnato da una foto scattata sul set di un vecchio sketch. Ballerina ha sottolineato la sua singolare personalità: «Franco era il più giovane di noi, anche se sembrava il più “vecchio” del mondo, con quella sua eleganza strana e quella voce assurda». Ha poi riflettuto sulla loro fortunata collaborazione, riconoscendo che insieme avevano cambiato qualcosa nel panorama comico, al punto che «la gente per strada parlava come lui». Il ricordo di entrambi gli amici evidenzia non solo la sua arte, ma anche la sua personalità unica che, nonostante l’età anagrafica, lo rendeva nell’anima il più giovane e vitale del gruppo. Franco Mari, con il suo talento per la caricatura e i suoi personaggi bizzarri, rimarrà un pezzo fondamentale della storia della comicità italiana degli anni Duemila.

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