
Un dramma di solitudine e silenzio, consumato tra le mura di un piccolo appartamento. Charlotte Leader, 23 anni, è stata trovata senza vita nel suo alloggio di Bolton, nella contea inglese della Greater Manchester, più di un anno dopo la sua morte. Quando i vigili del fuoco hanno forzato la porta per un controllo di sicurezza, il corpo era ormai mummificato, avvolto in alcune coperte. Nessuno, in tutto quel tempo, si era accorto della sua assenza.
Secondo quanto ricostruito dal coroner di Bolton, la giovane non sarebbe stata vittima di violenza, né avrebbe compiuto un gesto estremo: l’ipotesi più probabile è quella di un malore improvviso, collegato alle sue condizioni di salute già fragili. “Charlotte soffriva di problemi di salute mentale”, ha spiegato il coroner in aula, “col tempo è diventata un’estranea per la famiglia, allontanando le persone e allontanandosi anche dai servizi di assistenza”.

Una vita segnata dall’isolamento
La madre della ragazza ha dichiarato che non aveva più avuto notizie della figlia dal settembre 2021. Nonostante le ricerche, ogni tentativo di contattarla era stato inutile. Anche i vicini hanno riferito agli investigatori che la giovane “usciva raramente” e che da mesi non la vedevano. Solo nell’agosto del 2024, durante un sopralluogo di routine, i pompieri hanno scoperto la tragica scena.
“Parlava solo con ChatGPT”
A rendere questa vicenda ancora più inquietante è l’ultimo dettaglio emerso dalle indagini. Gli investigatori hanno scoperto che gli ultimi messaggi di Charlotte risalivano al 30 luglio 2024 — e non erano diretti a una persona, ma a ChatGPT, un’intelligenza artificiale con cui aveva iniziato a conversare. “Non c’erano altre comunicazioni con esseri umani”, ha riferito la polizia. “Il suo unico contatto era con ChatGPT”.
Nel log della chat, l’ultima frase di Charlotte è un frammento di quotidianità: “Aiutami, sono andata di nuovo a prendere del cibo”. L’Ai le rispondeva: “Sembri indecisa sul fatto di avere del cibo”. E lei replicava: “È cibo che non volevo e questo è frustrante”. Dopo quelle parole, più nulla. Nell’abitazione non sono stati trovati farmaci, droghe né segni di violenza. “L’appartamento era ordinato, sembrava appartenere a qualcuno che ancora teneva a se stesso”, ha raccontato la sorella della ragazza, spiegando che Charlotte lottava da anni con disturbi alimentari, tra cui la bulimia. La sua fine, scoperta solo un anno dopo, resta il simbolo tragico di una generazione che spesso dialoga solo con lo schermo.


