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Elezioni in Argentina, Milei in bilico: cosa può succedere adesso

Pubblicato: 26/10/2025 12:16

Le elezioni di metà mandato arrivano nel peggior momento possibile per Javier Milei. Il presidente argentino, alle prese con un crollo nei sondaggi e una serie di scandali interni al governo, affronta domenica un voto fondamentale che deciderà non solo il suo peso in Parlamento, ma anche la tenuta del suo progetto politico ultraliberista.

In gioco c’è la possibilità di guadagnare qualche seggio nella Camera dei deputati e nel Senato: un risultato modesto, ma che per Milei sarebbe decisivo decisivo per evitare la paralisi legislativa.

Un Parlamento ostile e un’economia in bilico

Attualmente Milei è in netta minoranza. Alle elezioni del 2023, La Libertad Avanza aveva ottenuto poco più del 25 per cento dei voti, eleggendo 7 senatori (poi diventati 6) e 37 deputati. Nonostante l’approvazione, a giugno, della discussa legge Bases grazie al sostegno di parte della destra e del centro, il governo ha poi perso la capacità di far passare nuove riforme. L’opposizione peronista, che detiene la maggioranza in entrambe le camere, ha votato misure che vanno in direzione opposta, come l’aumento dei fondi per università pubbliche, sanità e pensioni.

Milei ha più volte esercitato il diritto di veto, ma il Parlamento è riuscito a superarlo con la maggioranza dei due terzi, l’ultima volta all’inizio di ottobre. Durante l’ultimo comizio prima del voto, il presidente ha accusato il parlamento di essere “destituente” e di voler sabotare le sue riforme, sostenendo che “l’unica soluzione è cambiare faccia al Parlamento”. L’obiettivo realistico ora è raggiungere almeno un terzo dei seggi complessivi, per recuperare il diritto di veto e tornare a incidere.

Scandali, crisi economica e consenso in caduta

Negli ultimi mesi la popolarità di Milei è crollata. A febbraio è stato coinvolto in una truffa legata a una criptomoneta da lui promossa, su cui indagano le magistrature argentina e statunitense. In agosto, la sorella Karina Milei, sua principale consigliera, è stata accusata di tangenti su contratti sanitari. Sul fronte economico, la riduzione dell’inflazione ottenuta con la rivalutazione del peso ha avuto un effetto collaterale: un drastico calo del potere d’acquisto e un aumento della disoccupazione dovuto ai tagli nella spesa pubblica.

Il malcontento si è tradotto nelle urne: nelle elezioni locali della provincia di Buenos Aires, dove vive il 40 per cento degli argentini, la coalizione peronista Fuerza Patria ha battuto il partito di Milei con 14 punti di vantaggio. Il risultato ha spaventato i mercati e fatto precipitare il valore del peso.

L’ombra di Trump e il rischio di ingerenze

Nonostante tutto, Milei può contare sul sostegno del presidente Donald Trump, che lo considera il principale alleato sudamericano. Washington ha acquistato 20 miliardi di dollari in valuta argentina e ha promesso altri 20 attraverso banche private. Ma la minaccia di Trump di sospendere gli aiuti in caso di vittoria dell’opposizione ha scatenato le accuse di ingerenza americana.

La sinistra ha definito Milei “un presidente comandato da Washington“. Intanto, i problemi interni non si fermano: il principale candidato del partito a Buenos Aires, José Luis Espert, si è ritirato dopo essere stato accusato di aver ricevuto 200mila dollari da un sospettato di narcotraffico. Inoltre, due ministri – Gerardo Werthein (Esteri) e Mariano Cúneo Libarona (Giustizia) – hanno lasciato l’incarico, costringendo il governo a un nuovo rimpasto.

Milei e le “Forze del cielo”

A guadagnare peso politico potrebbe ora essere Santiago Caputo, il più influente consigliere del presidente e leader di una corrente interna chiamata “Las Fuerzas del Cielo”, che si definisce “il braccio armato di Milei”. È stato lui, secondo la stampa argentina, a spingere alle dimissioni Werthein, accusandolo di non avere rapporti sufficienti con l’amministrazione Trump.

Le elezioni di domenica diranno se il vento per Milei potrà ancora cambiare o se l’Argentina si avvierà verso una nuova fase di instabilità politica ed economica. Cosa che, peraltro, potrebbe capitare anche se Milei fosse eletto, ma senza il problema del mancato sostegno degli Stati Uniti. Tanto che sono in molti a vedere nelle dichiarazioni dell’amministrazione americana un tentativo di influire dall’esterno sulle elezioni argentine. Tema che in questi tempi è molto dibattuto anche nell’Europa dell’est con la Russia che viene accusata allo stesso modo di influenzare le votazioni all’estero.

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