
Dall’anonimato alla fama mondiale, fino a un destino segnato da fragilità e dolore. La vita di Björn Andrésen, il giovane attore svedese che incantò Luchino Visconti e il pubblico di tutto il mondo, è stata una parabola luminosa e tragica insieme. A soli quindici anni fu scelto per interpretare Tadzio nel capolavoro Morte a Venezia, tratto da Thomas Mann: un ruolo che lo rese immortale ma anche prigioniero di un’immagine impossibile da sostenere.
Visconti lo scoprì a Stoccolma, quasi per caso, dopo una lunga selezione in tutta Europa. Bastò un sorriso per convincere il regista a portarlo in Italia. Quando il film venne presentato al Festival di Cannes del 1971, il mondo rimase stregato da quel ragazzo dal volto angelico e dallo sguardo malinconico. Da un giorno all’altro, Björn divenne un’icona.
Il successo travolgente e l’ossessione in Giappone
I giornali lo ribattezzarono “il ragazzo più bello del mondo”. Nessuno sembrava immune al suo fascino, soprattutto in Giappone, dove si trasformò in un vero e proprio fenomeno di massa. Fan adoranti lo attendevano agli aeroporti, le case discografiche cercavano di scritturarlo e perfino i fumettisti si ispiravano ai suoi lineamenti per creare personaggi leggendari. Tra loro, Riyoko Ikeda, che prese il suo volto come modello per Lady Oscar, protagonista del celebre manga che avrebbe conquistato il mondo.

Fama, solitudine e la tragedia personale
Nonostante la popolarità, Björn Andrésen non riuscì mai a sentirsi davvero a suo agio nel ruolo che la notorietà gli aveva imposto. Provò a dedicarsi alla musica, incidendo alcuni brani pop in giapponese, ma la sua vera passione restava la musica classica. Con il tempo, però, i riflettori si trasformarono in una gabbia. I ruoli importanti non arrivavano, e l’entusiasmo lasciò spazio alla disillusione.

Gli anni Ottanta furono segnati da una profonda crisi personale, aggravata dalla morte del figlio Elvin, scomparso a pochi mesi di vita per la sindrome della morte improvvisa del lattante. Un dolore che lo segnò per sempre, spingendolo verso anni di isolamento, alcolismo e depressione.
Il ritorno sul grande schermo e la consapevolezza finale
Dopo decenni lontano dalle scene, nel 2019 il regista Ari Aster lo scelse per un ruolo nel film Midsommar – Il villaggio dei dannati. Sullo schermo appariva irriconoscibile: scavato, silenzioso, ma dotato di un’intensità spettrale che colpì ancora una volta il pubblico. Due anni più tardi, nel 2021, la regista Kristina Lindström lo convinse a raccontarsi nel documentario Il ragazzo più bello del mondo, un titolo che riecheggiava come un fantasma del passato. Lì, Andrésen si mostrava finalmente consapevole, pronto a confrontarsi con il peso della bellezza e con gli abusi psicologici subiti nel mondo dello spettacolo.


L’ultimo addio a Stoccolma
È stata proprio Kristina Lindström ad annunciare la sua morte, avvenuta sabato mattina nella sua Stoccolma, all’età di 70 anni. Le cause non sono state rese note. Nel documentario, l’ultima immagine di Björn lo ritraeva mentre cammina solitario nei corridoi vuoti dell’Hotel Des Bains al Lido di Venezia, lo stesso luogo in cui Visconti aveva girato Morte a Venezia. Un ritorno simbolico alle origini, come se la sua storia fosse destinata a chiudersi esattamente dove era cominciata.


