
Il “mini vertice” del campo largo tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, avvenuto a margine della manifestazione per Ranucci, ha messo in luce una complessa dialettica tra Partito Democratico (PD) e Movimento 5 Stelle (M5S). Il terreno comune, come suggerito dal testo, è l’aggettivo “progressista“, che funge da potenziale collante per un’alleanza ancora in fase embrionale. Nonostante le smentite di un’alleanza già consolidata, l’obiettivo dichiarato è la costruzione di una coalizione basata su un programma comune.
La difficile costruzione del programma progressista
L’attuale segretaria del PD, Elly Schlein, ha prontamente accolto la sfida lanciata da Giuseppe Conte, che aveva chiarito in diretta social che i due partiti non sono ancora alleati. Conte aveva infatti specificato che l’alleanza deve essere costruita su un programma che sia allo stesso tempo progressista e coerente. La risposta di Schlein non si è fatta attendere: “Ha detto che l’alleanza si costruisce su un programma progressista e coerente, e io sono d’accordo. Dal giorno dopo le regionali costruiamo questo programma progressista e non facciamolo chiusi nelle stanze, facciamolo con il Paese”. Questo approccio sottolinea la volontà di evitare accordi di vertice e di coinvolgere la base elettorale e civile in un percorso programmatico. La necessità di un programma condiviso e “dal basso” diventa quindi la chiave per trasformare la potenziale intesa politica in una solida coalizione di governo.
Risultati elettorali misti e malcontento interno al M5S
Nonostante gli sforzi, la neonata coalizione ha finora registrato una performance elettorale definita come “mista” dalla stessa Schlein. La segretaria ha candidamente ammesso che nelle regioni, dove la coalizione è stata “faticosamente costruita”, a volte si vince e a volte si perde. Questo bilancio agrodolce, tuttavia, è stato immediatamente bilanciato dalla leader del PD con un’enfasi sui risultati positivi ottenuti dal suo partito. Schlein ha infatti evidenziato che, dopo le prime tre elezioni regionali, il Partito Democratico ha conseguito “più consensi in voti assoluti di Fratelli d’Italia”. Questo dato, se da un lato rincuora il PD, dall’altro è parte integrante del problema che alimenta le tensioni interne al Movimento 5 Stelle. Una parte significativa del M5S esprime scontento proprio perché si percepisce come la gamba minoritaria di questa coalizione, contribuendo a raccogliere voti che sembrano beneficiare maggiormente il PD a scapito del proprio partito. La percezione di un rapporto sbilanciato in termini di consenso elettorale resta un nodo cruciale da sciogliere per la stabilità futura della coalizione.
Le persistenti differenze in politica estera
Un altro ostacolo di rilievo sul tavolo delle discussioni è rappresentato dalle posizioni in politica estera, dove, al momento, gli obiettivi comuni non sono ancora pienamente allineati. La questione più spinosa è indubbiamente il supporto all’Ucraina. Schlein ha espresso fiducia nella possibilità di trovare una “sintesi e l’accordo anche su questo”, citando come esempio positivo il raggiungimento di un’intesa sul riconoscimento della Palestina. Nonostante l’ottimismo, la segretaria ha onestamente ammesso che “ci sono delle differenze su come supportare l’Ucraina”. Tuttavia, il punto di convergenza viene individuato nella necessità di un “sforzo politico e diplomatico dell’Ue”. Entrambe le parti, pur con sfumature diverse sull’azione diretta, sembrano convergere sulla centralità della soluzione diplomatica e dell’azione europea come via d’uscita dal conflitto.
Schlein “testardamente unitaria” tra M5S e riformisti
Elly Schlein si sta muovendo con una strategia che può essere definita “testardamente unitaria“, cercando non solo l’intesa con il Movimento 5 Stelle, ma anche una ricomposizione interna con l’ala riformista del suo stesso partito. Proprio in questi giorni, infatti, i centristi del PD si sono organizzati nella nuova corrente denominata “Crescere!“. Una figura di spicco di quest’ala è Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, la quale ha escluso di voler rappresentare un’alternativa diretta a Schlein. Tuttavia, il suo messaggio è stato molto chiaro: l’obiettivo è “ritrovare il PD che abbiamo fondato, coraggiosamente riformista”. Questo segnale evidenzia una tensione dialettica tra la linea progressista e spostata a sinistra di Schlein e la tradizione più riformista e centrista del partito.
Il rinnovamento del PD e la chiusura con il passato
La linea politica di Elly Schlein è, tuttavia, netta e decisa, marcando una chiara discontinuità rispetto alle gestioni precedenti del Partito Democratico. La segretaria ha difeso con forza il suo operato e i risultati ottenuti in termini di consenso. Ha ricordato che, al momento della sua elezione, il PD era dato “sulla via dell’estinzione, al 14% nei sondaggi sotto i 5 Stelle”. L’azione di Schlein, basata sul ritorno tra la gente e sul presidio di temi sociali concreti, ha portato il partito a risalire fino al 24%. Questa rivendicazione di successo è accompagnata da una ferma presa di posizione sul passato. La segretaria ha voluto mettere un punto definitivo alla stagione delle larghe intese, dichiarando che se “qualcuno ha nostalgia del periodo in cui il Partito Democratico governava con un pezzo della destra, quel tempo è finito”. Questa affermazione cristallizza la sua intenzione di cementare un’alleanza a vocazione progressista e di chiudere la porta a tentativi di convergenza con le forze di centrodestra. Il futuro del campo largo dipenderà quindi dalla capacità di Schlein e Conte di trasformare il terreno comune del “progressismo” in un programma solido e di superare le resistenze interne, in particolare quelle legate ai risultati elettorali del M5S e alle divergenze sulla politica estera.


